EDITOR'S
LETTER
If I were a Boy
(caro Alessandro Borghi perché hai scopato tutte tranne me?)
If I Were A Boy
Even Just For A Day
I’d Roll Outta Bed In The Morning
And Throw On What I Wanted Then Go
Cantava una grintosa Beyoncé quando, tra un movimento di bacino e un inno alle Single Ladies di tutto il mondo, provava a mettersi nei panni (o nelle mutande) di quel giovane boy che le stava a fianco, suggerendogli di comportarsi da maschio alfa ed agire di conseguenza.
Qualcuno, anni dopo, deve averla presa talmente tanto alla lettera (alfa), da diventarne il testimonial vivente, rendendola di fatto la “reina de los cuernos”. Sempre di conseguenza.
Poco importa se l’incidente fosse stato occasionale o ripetuto: sta di fatto che la signora Beyoncé, da quel momento in avanti, si è ben guardata dal cantarne altre sul tema.
E forse è proprio quello il tema-non tema: in un sistema relazionale che ci vede intrappolati nelle logiche dei grandi salotti porno-fake che portano nomi amichevoli, quali Tinder, Bumble o Raia (per le più esigenti), non c’è spazio per l’argenteria o galanteria che dir si voglia. Tutto viene misurato a distanza: ai fatti si preferiscono le emoticon; agli inviti a cena i dick pic temporanei; al sesso i giochi di ruolo o gli amici d’infanzia.
È lecito, a questo punto della narrazione, che riecheggi la battuta di Pretty Woman che conquistò il cuore dell’intero universo femminile – bisnonne incluse – rivolta “dalla Kit” alla sua amica Vivien, che scoraggiata le domandava di farle un solo nome di donna a cui fosse andata davvero bene: la risposta, scritta in tutte le chat tra besties, è “A quella gran culo di Cenerentola!”.
Viene dunque da chiedersi se la principale responsabilità di tale confusione o crisi della mascolinità sia proprio da ricercare nel gentil sesso e nell’elenco dei titoli che il nuovo maschio debba sfoggiare: il patentino da principe azzurro, un diploma da colf tuttofare e una laurea ad honorem firmata dal buon vecchio Rocco Siffredi.
Ma…
Eh sì, eppure c’è un ma. Di quelli grandi, per giunta [..]
Di quelli che pochi si sarebbero aspettati, leggendo questo editoriale che accompagna il quarto numero di MRV Magazine, incentrato sulla mascolinità.
Di quelli però che danno speranza.
Il suo nome è Alessandro Borghi, il quale nella veste o nella nudità per conto del già citato Siffredi, ha confessato di pensare al sesso e di praticarne talmente tanto da risultare antipatico ai più.
E scurrile. Volgare. Maschilista. Machista e chi più ne ha più ne metta.
Poi con l’occhio azzurro, innamorato, padre e che progetta un buen ritiro immerso nella natura?
È proprio il caso di dirlo: “Non esistono più i maschi di una volta”.