Siamo talmente abituati a dare una forma a una persona, una cosa o ad una situazione che il più delle volte lasciamo indietro, in doppia fila – anzi in rimozione forzata – la più timida e meno blasonata Signora Sostanza.

Il primo responsabile delle nostre “pippe mentali” (o overthinking come direbbero i più fighi) fu di certo quel gran genio di Aristotele, che tanto ha spoilerato sull’arte del vivere, il quale vedeva nella forma “il centro di riferimento di tutte le categorie dell’essere; l’essenza necessaria di una cosa, che fa sì che la stessa sia quella che è e non sia altro”.

Il che starebbe a significare che senza una forma, la sostanza può farsi benedire in quanto non avrebbe alcuna linea in cui farsi notare.

Ma scendiamo dal piedistallo e analizziamo la questione da un piano decisamente più basso.

La forma rappresenta ciò che arriva prepotentemente, senza possibilità di scelta. Come la bellezza. Un colore. Un profumo. In barba agli stereotipi, s’intenda.

La sostanza fa il suo ingresso in maniera progressiva, appare se scelta, investendo del tempo. E non starò qui a dilungarmi oltremodo su quanto sia più nobile l’una rispetto all’altra; mi limito solo a porre evidenza su quanto ognuno di noi si ostini a cercare spesso nella forma risposte che troverebbe verosimilmente nel suo alter ego, la sostanza per l’appunto.

In questa giornata di eclisse totale di sole, lanciamo il terzo capitolo di questo viaggio di The MRV che ha come tema, neanche a dirlo, Forma e Sostanza, e racconterà attraverso i cinque sensi più uno, il binomio e il punto d’incontro di due mondi destinati a rimanere lontani, come due amanti che faticano a trovare il coraggio di prendersi o lasciarsi.