Il mondo materico di Elena Pelosi
Il mondo materico di Elena Pelosi
FORNACE CURTI un luogo magico a Milano
A due passi dai Navigli di San Cristoforo e dai suoi ponti sull’acqua, esiste un luogo affascinante, lontano dai ritmi frenetici della città, quasi sospeso nel tempo. Stiamo parlando della Fornace Curti, che lavora il cotto dal 1400, e che oggi ospita gli studi di diversi artisti.
L’ambiente, così pacifico e autentico, fa subito pensare agli antichi borghi medioevali, ai mestieri di una volta, all’artigianato e alla terra in tutte le sue forme e colori naturali.
E’ qui che Elena Pelosi ha scelto di aprire il suo atelier, laboratorio e spazio di sperimentazioni continue, ispirazioni e punto di partenza per ogni suo progetto.
Nello studio di Elena Pelosi
Ciao Elena, tu sei una designer ma anche un’artista che lavora la ceramica e questo è il tuo studio. Fai tutto qui?
Sì, la Fornace Curti è il luogo al cui interno si trova il mio atelier. Questo spazio continua ad essere una delle mie fonti di ispirazione. La fornace è un luogo fuori dal tempo ma anche un hub interessante non solo di ceramisti ma anche di artisti, designers, stilisti, giornalisti.
Grazie all’atmosfera di questo posto, si creano molte connessioni tra gli artisti. In particolare il progetto Made in Fornace (www.elenapelosi.com/madeinfornace): un’idea nata insieme a Luca Lanzoni, giornalista e creative director, che ha anche lui uno studio qui e che come me vorrebbe cercare di elevare il materiale della ceramica a qualcosa di più concettuale: la ceramica come storia di terre e progetti, tra arte e design.
Ogni anno si organizzano due open house della Fornace Curti, una a novembre e una a maggio, ed il prossimo evento sarà proprio il week end del 20 e 21 maggio: ogni artista apre il suo studio al pubblico, e si può venire a scoprire quello che si cela dietro le varie porte degli ateliers.
Tu hai cosa hai studiato?
Io ho intrapreso un percorso umanistico: conservazione dei beni culturali e restauro all’università, e la qualifica di restauratore del vetro e della ceramica. Per la mia tesi sperimentale ho seguito personalmente il restauro di un dipinto murale in un soffitto di una chiesa a Venezia, la provincia da cui provengo. Ogni mattina con l’elmetto e la tuta da restauratore. Solo dopo sono passata agli studi di architettura e design, ed ho approfondito le tecniche con corsi di grafica, fotografia e ceramica.
Com’eri da bambina?
Non mi arrendevo. Ero molto curiosa, come lo sono adesso.Raccoglievo di tutto: grazie ai miei genitori ho viaggiato moltissimo. Mi ricordo ancora la prima volta che sono salita sul vulcano Etna, quella sensazione non mi ha mai abbandonata. Ricordo che sentivo la terra calda sotto di me. Amo i vulcani, sono vivi. E’ come trovarsi a tu per tu con la materia in trasformazione: la lava è terra al suo stato più incandescente.
Hai mai usato la sabbia dei vulcani per le tue creazioni?
Si ho usato quella di Santorini. A riflessione sul fatto che un’isola così bella debba il suo fascino a un evento così traumatico come quello di un’eruzione vulcanica.
Altrimenti cosa utilizzi?
Terre di recupero, per il recupero della storia e delle tradizioni. Un’altra terra che ho utilizzato è quella di Baratti, di fronte all’isola d’Elba. Lì nel periodo etrusco e romano fondevano il ferro e così, oggi, al calare del sole, vedi ancora la spiaggia che luccica all’orizzonte mentre cammini. Vedi i tuoi piedi che calpestano un suolo, che brilla a causa delle tracce del tempo rimaste. Vedi la storia. Bisogna però stare attenti a raccogliere la terra, servono autorizzazioni ed è meglio accordarsi con i privati nei loro terreni.
Da dove arriva l’ispirazione per una tua creazione?
Io viaggio molto e sicuramente la mia ispirazione nasce anche dai luoghi, da un’esperienza diretta. Tutto parte da ciò che ho visto.
Tutti i media sono buoni, ma a me piace tantissimo lavorare con le mani. Tante delle mie idee partono mentre disegno o mentre creo qualcos’altro.
Per esempio per il concept di un tavolo in cocciopesto (realizzato da Cipriani design) mi sono ispirata alla tecnica ceramica giapponese “Kurinuki”, una delle mie preferite. E’ una tecnica “sculturale”: anzichè aggiungere materiale o modellare, come si fa di solito in ceramica, si parte dal blocca d’argilla e si toglie via, scavando internamente ed esternamente fino a ottenere la forma desiderata, come a liberare una forma racchiusa nell’informe. Mi piace il fatto che rimanga la gestualità, l’impronta, e ogni persona ha la sua. E così ho lasciato nella superficie del tavolo fatto in cocciopesto la traccia della sua lavorazione.
In generale la mia idea è sempre quella di mutuare da una materia e da una tecnica all’altra utilizzando strumenti diversi, e per farlo, sperimento con quello che ho. La creatività non ha limiti materici, anzi più conosci un materiale più hai consapevolezza.
Tu quindi hai iniziato con la ceramica? o con il vetro?
Vivendo a Venezia, a Murano, il vetro è considerato il materiale per eccellenza, ma non è il mio. Io preferisco la ceramica. Entrambi i materiali hanno il fascino della trasformazione alchemica, mutano con il calore: sia nel vetro che nella ceramica, il colore può cambiare moltissimo in base alla temperatura o al tipo di cottura, ed è solo il calore che li fissa nella forma.
Alla fine è tutta una questione di chimica. Come nella cucina.
Sì, come in pasticceria, i materiali hanno bisogno di precisione. Ma con la terra raccolta non si sa esattamente che composizione abbia. A che temperatura fonderà? Come reagirà? Che colore produrrà? A me piace sperimentare.
Mi piace molto unire più argille e creare colori diversi, sulla ceramica, grazie alla diversità delle sue composizioni. Non uso smalti.
Interessante. Spiegati meglio.
Mi piace l’idea che la ceramica, come materia, non sia dipinta.
Voglio valorizzarla nei suoi strati, nelle sue caratteristiche peculiari. Applicare una decorazione è come una copertura, quasi a camuffarne la matericità: amo esaltare la bellezza così com’è con le sue imperfezioni. No make-up.
Mi piace anche l’idea di mescolare i materiali diversi in un melange dove ogni materia ha la sua dignità e il suo valore.
Qual è il concetto, artistico, o filosofico, a cui sei più legata?
Il concetto del GENIUS LOCI: ogni luogo ha il suo linguaggio, la sua anima, il suo tempo. Mi piace conoscere un luogo non solo per ispirarmi ma anche per comunicare meglio con esso, in una sorta di metalinguaggio, il contenitore e il contenuto.
Qual è il risultato che vuoi ottenere con la tua ceramica?
A me piace la ceramica che abbia un aspetto grezzo, quasi non lavorato. Ad esempio ho sviluppato alcune ceramiche con una terra che con il tempo si degrada, per dare l’idea del tempo che scorre e del materiale che invecchia, si trasforma ed acquisisce “la patina del tempo”.
In generale realizzare opere che siano legate a temi di riflessione più ampi.
Agisco allo stesso modo quando devo creare per esposizioni, concept, negozi, o table settings. E’ fondamentale per me avere un racconto: mi aiuta a fare delle scelte, una sorta di linea guida, per scartare materiali, selezionare colori e così via. Mi piace l’idea di poter applicare questa filosofia sia all’arte che al design.
Per esempio?
Ad esempio per una mostra sul tema della tutela delle risorse idriche durante il Fuori Salone mi sono ispirata ad un tour in Madagascar con un biologo: avevo scoperto che in una regione nel sud-est del Madagascar diversi villaggi dipendono interamente dai baobab. Piove solo poche volte all’anno, e per riuscire a vivere in questo ambiente ostile, la popolazione usa l’acqua che si raccoglie nei tronchi, fresca e pulita. Ogni famiglia è responsabile e custodisce il proprio albero.
Durante questo viaggio avevo raccolto un pò di terra e realizzato vasi che simboleggiano i baobab, serbatoi d’acqua della natura, per sensibilizzare su questo tema.
Bellissimo. Come artista quindi ricerchi la natura e la terra come concetto viscerale.
La terra è un elemento ancestrale, un simbolo in diverse tradizioni, mitologie e religioni. La Terra è però anche connessa alla sensazione, alla percezione, alla corporeità: simboleggia la materia primordiale che accoglie la vita e la nutre, simboleggia protezione.
La terra insegna molto, e ciò che impari lavorando la ceramica, è il concetto di tempo. Si riflette molto sul suo valore. Se vuoi ottenere un risultato devi sapere aspettare, ogni cosa ha il suo tempo.
Raccontaci qualche progetto in corso o concluso che ti ha particolarmente emozionato.
Tra i nuovi progetti sicuramente c’è la collaborazione con Diletta Tonatto Profumi.
Lei ed io abbiamo la stessa visione, lei fa con l’olfatto quello che io cerco di fare con il tatto. Parliamo la stessa lingua e andiamo alle origini. Inoltre, sto lavorando per creare dei gioielli e dei mobili.
Tra i progetti passati più divertenti posso citare i table settings, alcuni anche realizzati per The Meraviglia. Ho realizzato dei sostegni in ceramica su ispirazione di altre tecniche giapponesi, Ikebana e KUKIDO, usando fiori spontanei, imperfetti, per valorizzare tutto il fiore, incluso lo stelo.
In pratica ho creato delle composizioni in equilibrio senza vaso, solo appoggiate su piatti d’acqua e tenute insieme dal mio piccolo cerchietto in ceramica. Mescolando materie, piante e vegetali. Un pò il simbolo del mio modo di progettare: ritornare all’essenziale e cercare un equilibrio.
Ultima domanda canonica: che cos’è per te la Meraviglia?
Bella domanda, per me la meraviglia è ciò che ti suscita un’emozione.Dovrebbe essere la normalità, è ovunque. Ma la realtà è che la meraviglia è negli occhi di chi guarda. E’ un’attitudine. Per esempio quando mi sveglio e vedo il sole che bacia ogni cosa, mi alzo e vado a fare il caffè. Questo mi dà gioia.
Grazie Elena per questa conversazione sulla materia, sul tempo e sull’autenticità, spunti preziosi che non finiscono mai di stupire e affascinare.
La Fornace Curti adesso è silenziosa, gli studi degli artigiani hanno chiuso al crepuscolo…ma la festa di primavera è vicina.
Vi aspettiamo il 20 e il 21 maggio per visitare e toccare con mano le opere di Elena Pelosi e quelle di tantissimi altri artisti della fornace.
Alessandra Busacca
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