Comunità desideranti

Conversazione con Lucia Cristiani

NOVEMBRE 2025 - OLFATTO

Lucia Cristiani, Zanne fragili (performance), 2024. courtesy dell’artista e di Cremona Contemporanea Art Week – Foto Mattia Pastore

R.F. Il tema del fallimento è spesso presente nel tuo lavoro, a partire dal progetto Sad short story about fears epic fail presso i Bagni Misteriosi. Come artista racconti di esperienze umane, di urgenze da affrontare nel quotidiano, anche trattando società diverse, messe a confronto. Dunque siamo destinati a fallire? Il fallimento può essere positivo?

Il fallimento può essere positivo?
Il fallimento può essere positivo?

L.C. Un punto centrale per me è il valore del legame: disegnare una possibilità di esistenza che, come suggerisce Jean-Luc Nancy, possa essere allo stesso tempo singolare e plurale. La nostra è un’epoca in crisi e siamo di fronte al fallimento dei sogni che aveva nutrito in passato. Ci credevamo destinati a un futuro luminoso e invece ci troviamo braccati nell’ombra. All’interno del mio lavoro ricerco modalità di costruzione di una comunità desiderante che risponda all’esigenza primaria di percepirci insieme, che ripensi la propria perdita e fornisca strategie di uscita dall’impotenza del singolo e della stessa comunità politica. Percepirci insieme origina possibilità di azione creativa, di costruire dei progetti per il nostro futuro che siano basati su relazioni all’insegna della vulnerabilità. Queste mie riflessioni, nell’ultimo anno, si sono concentrate nella serie Dense, che nasce dalla mia fascinazione per il lungo e misterioso viaggio migratorio delle anguille europee. L’ho trovato incredibile e antitetico a come spesso noi, come genere umano, percepiamo il tempo e la collettività.

[…]

 

Dense evoca un movimento ciclico, individuale e collettivo, come singolarità e come specie. L’opera racconta un viaggio arduo e impervio attraverso il quale è forse possibile ripercorrere e rileggere superfici, rovine e stratificazioni passate e contemporanee e interrogarsi, come esseri singolari e plurali, come comunità desiderante, su ciò che si è stati e su ciò che si potrebbe diventare. 

di Rossella Farinotti