
FASHION BODIES: QUANDO SMETTERANNO I BICIPITI DI VENDERE?
FASHION BODIES: QUANDO I BICIPITI
SMETTERANNO DI VENDERE?
I “corpi intrappolati” della moda maschile
MAGGIO 2024 - MATERIE

“Eppure, nonostante la rivoluzione estetica della body positivity serpeggi nell’industria ormai da anni, il movimento non è stato altrettanto significativo per la rappresentazione maschile.”
Manuel Giovanale
Per molti a cui è dolce naufragar nell’aureo mare della moda, la diretta Instagram tra l’autore e brand strategist Andrea Batilla e la giornalista Giuliana Matarrese, al termine di ogni Fashion Week, è diventata un appuntamento imperdibile, paragonabile all’attesa messa domenicale: qui però si discutono codici stilistici, nuove proposte e problematiche del sistema moda. Tra gli argomenti ricorrenti emerge l’allarme per la drastica riduzione della rappresentazione dei “corpi non conformi” nelle sfilate. Durante la Milano Fashion Week 2024, la quota di modelli fuori dai canoni standard è scesa del 17%, rispetto alla già poco inclusiva stagione precedente. Come può accadere che un sistema che celebra figure come Paloma Elsesser, icona della body positivity e Modella dell’anno ai Fashion Awards 2023, possa eclissare completamente questa categoria l’anno successivo?
Non è una semplice provocazione, ma un vero e proprio annuncio che Jean Paul Gaultier fece negli Anni ’80 sul quotidiano francese “Libération” per cercare modelli dalla “bellezza inconsueta”. Lo stilista francese è un rivoluzionario del settore e, tramite le sue creazioni, è stato in grado di restituire una libertà al corpo: abbandonando le rigide imposizioni borghesi e rivendicandone invece il potere seducente e giocoso. Proprio come dimostra l’annuncio, è stato uno dei primi a promuovere la diversità, tanto da renderla un tratto distintivo del proprio marchio: affidando la narrazione dei suoi stilemi più iconici a personaggi del calibro di Amanda Lepore, Carmen dell’Orefice, Amanda Lear e alla frontwoman della band Gossip, Beth Ditto.
È stato per questo che, ad inizio 2024, durante una sessione di scroll passivo sui social, mi è saltata agli occhi – con un certo disappunto – una pubblicità che sponsorizzava delle nuove fragranze della maison francese: una classica campagna come molte altre, colori accesi, rimandi floreali e i modelli, un uomo e una donna, in pose accattivanti. La cosa che ha catturato la mia attenzione è stata, senza ombra di dubbio, il corpo statuario del modello brasiliano, Jonas Barros, messo in contrasto con bellezza “curvy” di una delle muse del brand, Tess McMillan. Inutile nascondere la mia delusione per il modo in cui l’enfant terrible della moda si sia accontentato di un compromesso superficiale tra inclusività e stereotipo, che mettesse d’accordo un po’ tutti.


Durante gli anni universitari, avendo frequentato un’accademia di moda, mi sono spesso trovato a ragionare sulla rappresentazione della bellezza fatta dalle maison e dai mass media, per lo più vincolata ad un singolo standard che premia soprattutto l’altezza e la magrezza nelle donne, e l’uomo dalla figura slanciata e con un tono muscolare evidente – ed è stato stupefacente osservare, negli anni, come questi codici siano stati ribaltati a favore di fisicità assolutamente non convenzionali. Eppure, nonostante la rivoluzione estetica della body positivity serpeggi nell’industria ormai da anni, il movimento non è stato altrettanto significativo per la rappresentazione maschile.
Due numeri per dare un’idea: alla fine delle sfilate per la primavera/estate 2024, solo sei dei 72 show hanno incluso almeno un modello plus-size, con una taglia a partire dalla 56 o XL – un risultato ancora peggiore di quello della stagione precedente, quando sono state otto su 69 sfilate a fare una scelta simile. Vogue Business ha rilevato che lo stilista scozzese Charles Jeffrey è stato l’unico a selezionare almeno un modello curvy durante l’ultima settimana della moda milanese.
Malgrado il notevole cambio di rotta in tema di abbigliamento maschile, che ha abbandonato la rigidità novecentesca con incursioni folk, rivisitazioni del passato e una profonda apertura nei confronti del gender fluid, i “corpi” che vestono questi abiti sono sempre gli stessi.
In un’era dominata dalle innovazioni su misura per l’umanità, il corpo maschile resta l’unico elemento a non adeguarsi, trovandosi in una continua competizione impari con un blocco di marmo scolpito più di duemila anni fa. E chissà se Mirone di Elèutere, nel 450 a.C., scolpendo il Discobolo, era consapevole di aver definito, con mazzetta e scalpello, il nostro concetto di bellezza maschile, un concetto che è riuscito ad attraversare migliaia di anni, tra guerre puniche, carestie, rivoluzioni industriali, tecnologiche e sociali per arrivare praticamente intatto al mio feed di Instagram.
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