RAGIONARE PER ASSOLUTI E LA FRUSTRAZIONE DI SENTIRSI PEGGIORI
RAGIONARE PER ASSOLUTI E LA FRUSTRAZIONE DI SENTIRSI PEGGIORI
Ma si può sempre migliorare, come prova a spiegarci Mario Testino
LUGLIO 2024 - MATERIE
Una delle caratteristiche distintive della contemporaneità, forse la prima che mi viene in mente, è quella di metterci continuamente di fronte alla relatività di ogni cosa: dell’esperienza, del pensiero, della realtà quotidiana. Tutte cose sempre esistite, intendiamoci, ma che in un tempo pre-internet e pre-globalizzazione si potevano tranquillamente ignorare, – almeno fino a che non sono arrivate le camere dell’eco – facendo di noi tutti creature simili a quegli strani uccelli incapaci di volare che nascondono la testa sotto la sabbia.
Nell’anno di grazia 2024 però, se si possiede un minimo di onestà intellettuale, è impossibile ragionare per assoluti e convincersi che ciò che pensiamo sia indiscutibilmente giusto o sbagliato. Vale nella piccola scala, così come nella grande. E per allenarsi un po’ ad affrontare con elasticità il concetto, basterebbero anche solo mezz’ora di MOOC di antropologia o la lettura di un libro illuminante: Il popolo degli alberi di Hanya Yanagihara.
Il metodo meno semplice – e più dispendioso, sia economicamente che per ragioni di tempo – è quello di viaggiare per il mondo in lungo e in largo. Senza limitarsi ai posti più in auge, né a quelli più comodi. Senza facili esotismi né preconcetti. Insomma, più facile a dirsi che a farsi.
Per questo salutiamo con gioia Mario Testino e la sua ‘A Beautiful World’, esposizione monografica che Palazzo Bonaparte di Roma ospita fino al 25 agosto. Attraverso gli scatti del fotografo di origini irlandesi e italiane, nato in Perù, infatti, il mondo diventa per un pomeriggio un po’ più piccolo e comprensibile. Anzi, resta grande e ignoto, ma ci è consentito di afferrarne almeno qualche sfumatura meno scontata.
E sono sfumature caleidoscopiche, perché l’obiettivo di Testino è in grado di cogliere la vividezza dei colori con una capacità debitrice della sua lunga carriera come fotografo di moda. Passeggiando per le sale dedicate all’esposizione, diventa immediatamente evidente come “tutto sia relativo” per dirla con Einstein. La bellezza, in primis, certo, ma anche l’eleganza e il buon gusto, che passano da criteri inconfutabilmente soggettivi e tutto meno che universali, come invece li vorrebbero certi cultori del perbenismo.
Altro merito della magnifica galleria di ritratti firmata da Testino è quello di farci capire quanto certe attività, spesso etichettate come “folklore”, siano in realtà tutt’altro che secondarie, tipiche dei paesi dei nostri nonni e ininfluenti, essendo invece, piuttosto, i tasselli fondamentali di costruzione della nostra identità. Più di quanto ci possa far piacere ammettere. Ci scherniamo definendoci donne e uomini di mondo, evoluti rispetto ai richiami ancestrali di certi balli e costumi un po’ campagnoli, eppure è da lì che veniamo tutti. Ma siamo disposti a riconoscere le nostre radici solo quando – trasfigurate nelle trame haute couture di un Dolce & Gabbana o di un Dior – le vediamo sfilare in passerella.
D’altro canto, l’altro, il diverso, acquista potere di parola solo quando si parla di appropriazione culturale: unico caso in cui siamo disposti a cospargerci il capo di cenere e pentirci dei nostri peccati di ingordigia creativa. Concetti tanto più veri per Roma e i romani, che, abituati da sempre al turismo di massa e ai pellegrini, accolgono con sospetto chiunque non porti grandi borse di denaro con sé. Come se l’unico arricchimento derivasse dai soldi incassati.
Ma la mostra di Testino ci mette di fronte anche a un altro tema, fondamentale ora che in tutta Europa governi populisti e filo-nazionalisti si sperticano per additare lo straniero da cacciare. L’appartenenza. Un concetto tanto più bello proprio perché mutevole, come suggerisce lo stesso fotografo nel video che accompagna la mostra: «Beautiful World ha molto a che fare con l’appartenenza. Penso che tutti noi siamo accomunati dal voler appartenere ad un luogo o ad un altro. A quale luogo appartengo? Appartengo al mio Paese natale? Appartengo alla religione in cui sono nato? Appartengo alla professione che ho scelto? Tutte queste cose cominciarono a frullare nella mia mente, facendomi cercare risposte ovunque io vada.»
Ecco, la domanda, ci dice Testino fra le righe, non ha mai una risposta univoca e scalfita nella pietra una volta per tutte. Il solo modo per trovarla, poi vedersela sfuggire tra le dita e ritrovarla ancora, è solo una: non smettere di cercare.
di Enrica Murru
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