IL DESIGN UNICO DEI DETTAGLI
IL DESIGN UNICO DEI DETTAGLI
Il segreto erotico delle tasche
APRILE 2024 - MATERIE
“Le donne hanno portato di tanto in tanto delle borse, a volte cucite, a volte legate, a volte brandite in mano, ma una borsa non è una tasca.”
Charlotte P. Gilman, New York Times, 1905
Un tempo questione di genere, oggi, questione di stile.
Cucite all’interno di cappelli, ricavate da orologi, medaglioni, collane, o semplicemente da gonne, le tasche sono cassetti, un vero e proprio nascondiglio di oggetti e segreti
Si è scritto molto su come le tasche fossero un simbolo politico, in quanto la presenza di tasche è sempre stata vista sugli abiti maschili, che tendono ad averle capienti e visibili, mentre gli abiti femminili hanno sempre avuto tasche piccole, se non addirittura inesistenti. “C’è una supremazia nell’abbigliamento maschile… il suo adattamento alle tasche”, scriveva Charlotte P. Gilman per il New York Times nel 1905. E continua: « Le donne hanno portato di tanto in tanto delle borse, a volte cucite, a volte legate, a volte brandite in mano, ma una borsa non è una tasca ».
Le tasche, per le donne, riusciranno mai a sostituire veramente le borse? Forse no. Ma la vera domanda potrebbe essere: che cosa contenevano? Dal momento che sono comparse all’inizio del XVII secolo, e che non esistevano cellulari, chiavi e carte di credito…mi piace pensare che nascondessero biglietti, formule magiche di stregoni e fattucchiere, fotografie preziose o filtri d’amore.
Così, la tasca rimane un mistero, un simbolo che per la sua intimità fa pensare alla sfera erotica, così com’è paragonabile all’organo femminile, che è una tasca perfetta del corpo, un nascondiglio segreto, atto a contenere un mondo altro da sé. La tasca rimanda al senso del tatto, più che alla vista, proprio perché nasconde all’occhio il suo contenuto. E proprio per questo luogo di conoscenza, accessibile per primo grazie al contatto con una mano.
Qualcosa di simile avrebbe scritto l’intellettuale e filosofa belga Luce Irigaray, che in «Elogio del toccare» denuncia la perdita di significato del tatto nella cultura occidentale, dominata dal «logos» maschile. Secondo lei, siamo una grande testa che continua a pensare ma che ha dimenticato la pelle.
La storia della tasca è la storia di un dettaglio, di un’apertura, concepita come luogo per contenere mondi altri, testimoni, oggetti di piccole dimensioni, portatori, però, di grande significato.
Artista di questo concetto è Domenico Gnoli, pittore che ha espresso la sua mania per i dettagli e li ha dipinti ingrandendoli, per conferire loro un’aura di sacralità, che altrimenti non sarebbe possibile. Tra i suoi zoom più famosi, oltre ai boccoli, ai merletti, ai bottoni, alle cravatte e ai cinturini, troviamo, guarda caso, anche le tasche. “La tasca della giacca” del 1965 è un esempio eloquente della volontà di Gnoli di dare luce agli oggetti per farli “significare”, o per farli “parlare” come direbbe anche il poeta britannico W.H.Auden: “I nostri tavoli e sedie e divani/ Sanno su di noi cose/ Che neanche i nostri amanti possono sapere.”
di Alessandra Busacca
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