ANNA PIAGGI E LA SUA DP
LA FORMA DEL PENSIERO SULLA MODA
Anna Piaggi e le sue DP
marzo 2024 - SGUARDI
“Anna faceva la segretaria a Rho e si vestiva con impermeabili Burberry! Un giorno su un autobus vidi una mano con le unghie verdi che mi afferrava un braccio. Mi voltai e vidi un’Anna completamente trasformata .”
Ugo Dinelli
Quando qualcuno mi chiede come sia scattato in me il relais della passione smodata per la moda, mi corre alla mente e al cuore l’amicizia con due giornaliste diversissime: la prima è Camilla Cederna, irraggiungibile pioniera di un genere di esperta di costume, carica d’intelligenza ed ironia e autrice di strepitosi neologismi, l’altra – diversissima – è Anna Piaggi, l’unica vera “esperta di moda” che il giornalismo italiano abbia conosciuto.
Speciale visionaria, avanti, geniale, ironica, creativa e soprattutto grande protagonista della moda del Novecento, Anna ha creato uno stile unico ed inimitabile di essere e di scrivere di moda che presto la fece diventare un’icona nel mondo di stilisti, disegnatori ed esperti di moda nel mondo. Fu per questo che quando si trattò di pensare alla prefazione del mio libro “I mass-moda” nel 1978, non ebbi un attimo di esitazione nel chiederlo a lei, che ovviamente ne scrisse una davvero straordinaria.
Ma chi era Anna? Partiamo dal carattere: la moda la faceva sentire frivola e gioiosa, era sempre di buon umore, dotata com’era di un sense of humor un po’ british mischiato ad una coquetterie tutta francese. Anna era poi uno straordinario insieme speciale di audacia, intuizione, professionalità, strategia e proiezione del nuovo che si rispecchiava perfettamente sul modo in cui si poneva esteticamente.
Quando e come diventò un personaggio lo racconta Dinelli, un fotografo di moda attivo negli Anni ‘60. «Anna faceva la segretaria a Rho e si vestiva con impermeabili Burberry! Un giorno su un autobus vidi una mano con le unghie verdi che mi afferrava un braccio. Mi voltai e vidi un’Anna completamente trasformata: aveva conosciuto Alfa Castaldi (notissimo fotografo di moda), si erano innamorati e sposati a New York. E fu Alfa a comprarle come regalo di nozze un finto Cardin».
Grazie a Castaldi, che aveva una cultura enciclopedica, lo stile di Anna cambiò e cambiò anche il suo linguaggio. Seconda svolta fondamentale della sua vita, l’incontro con Vern Lambert, conosciuto a Londra nel ‘67. Lui vendeva vestiti al Chelsea Market, vestiva le star come i Beatles e Jimi Hendrix, girava in Rolls Royce e diede ad Anna la spinta per imparare a mescolare lo stile etnico con Balenciaga o Schiaparelli. Né si può tacere il “grande amore” – ricambiatissimo – che ebbe Anna per il Kaiser della moda Karl Lagaerfeld che, nella prefazione del suo meraviglioso libro dedicato alla giornalista (“Anna cronique”) scrive: «Anna inventa la moda, nel vestirsi fa automaticamente quello che noi stilisti faremo domani».
A quell’epoca, a casa di Anna ed Alfa passavano tutti: dalla star italiana del momento Walter Albini a Paloma Picasso e Ken Scott… E nello studio di Alfa rivestito di carta stagnola come la factory di Andy Warhol, ho conosciuto anche Antonio Lopez, mitico illustratore. Che periodo incredibile! Io sono cresciuta così e molto di quello che so lo devo a loro!
Questa lunga descrizione del personaggio è indispensabile per parlare di come Anna Piaggi sia stata l’artefice di un genere di scrittura visionaria che ha sicuramente rappresentato un modo inimitabile e inedito di raccontare la moda, degli anni clou dal 1970 al nuovo secolo.
Nelle sue famosissime D.P (Doppie Pagine) su Vogue Italia e Vanity Fashion, Anna ha letteralmente scombussolato i canoni del linguaggio della moda inventando sia un nuovo alfabeto, sia un modo di scrivere inedito che Anna chiamava “algebra”, assai connesso con l’illustrazione. Coniava parole nuove, torturandole e sminuzzandole per piegarle alla sua visione, e al suo modo di intendere l’estetica e la grafica, e soprattutto perché Anna “le vedeva in pagina” prima ancora di sentirle e intenderle. Infatti, Anna ha sempre giudicato il disegno come la sublimazione della fotografia, dal momento che, al suo confronto, aveva in più una buona dose di surrealismo. E persino le top model di allora – da Donna Jordan a Jerry Hall – vestite e truccate come per uno shooting, posavano in studio per Antonio Lopez o Leon Talley che scattavano Polaroid per poi creare delle illustrazioni.
E affascinantissimo è stato il suo modo di arrivare ai titoli delle D.P.: come premessa lunghe, buffe, esilaranti telefonate o chiacchiere alla loro ricerca, che duravano quanto un lunch, con amici, colleghe di redazione e addetti ai lavori. Poi l’invenzione, creando parole nuove in non si sa bene quale idioma – ottenuto, per fare un esempio, da un vocabolo inglese al quale aggiungeva una desinenza francesizzante o latineggiante imbastardita dall’italiano… Et voilà, il risultato era sorprendente, inedito e geniale. E il bello delle D.P era nell’essere pura moda priva di interferenza alcuna, fosse pubblicitaria o di pseudo-tendenza.
In ogni caso ed in ogni versante della moda contemporanea Anna Piaggi ha lasciato un segno indelebile precorrendo, eccentrica musa, le tendenze che a distanza di qualche decennio avrebbero ispirato tutti.
di Adriana Mulassano
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