L'OGGETTO INUTILE

Salvador Dalì per Alessi

APRILE 2024 - SGUARDI

ph. Alessandro Milani

“Non aver paura della perfezione: non la raggiungerai mai.”

Salvador Dalí

Nel creare un oggetto e nel cercare di raggiungere la quintessenza della bellezza può capitare che si debba sacrificare la funzionalità. La vera sfida sta nel saper bilanciare entrambe le cose, ma quando ci si spinge esclusivamente verso il lato estetico, allora si deve ricercarne lo scopo in qualcos’altro, affondare le radici in un mistero, in una provocazione o in un affascinante nonsense. È quanto ci insegnano Salvador Dalí e il suo “Oggetto inutile” per Alessi.

Obget inutile, vase, sur un problème de topologie négative Obget inutile, vase, sur un problème de topologie négative
Obget inutile, vase, sur un problème de topologie négative Obget inutile, vase, sur un problème de topologie négative

L’avanguardia dei prodotti realizzati da Alessi ha scandito il vivere quotidiano di molti di noi, divenendo qualcosa di scontato e al tempo stesso eccezionale, celebrato anche in musei come il MoMa di New York. Nome di spicco nel mondo del design industriale, l’azienda italiana ha dato una svolta alla sua identità a partire dal 1970 con Alberto Alessi, nipote del fondatore Giovanni. In questa decade nascono le celebri collaborazioni con i designer Achille Castiglioni, Ettore Sottsass e Richard Sapper, e vengono prodotti i primi pezzi iconici. Negli stessi anni viene realizzato l’ambizioso progetto Alessi d’après che segna l’incontro tra arte e design, rendendo accessibile al grande pubblico opere che per idee ed estetica si pongono a un livello più complesso rispetto ai prodotti normalmente acquistabili. Questo è stato possibile grazie al coinvolgimento di artisti e alla messa in produzione non limitata di multipli d’arte. Vi presero parte, tra gli altri, Giò Pomodoro e Salvador Dalí.

Photo Cred.

Il contributo di Dalí è stato un bellissimo fallimento. Anche se il vento della fortuna ha recentemente girato. Prima di svelare come, merita fare due precisazioni. La prima è un’obiezione all’idea che sta alla base di questo audace progetto di Alessi, ed è riconducibile a quanto esposto da Walter Benjamin nel saggio “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” scritto e rivisto tra il 1935 e il 1939. Partendo da una concezione di opera d’arte confinata agli ambiti di culto, l’autore tedesco ci dice che dal momento in cui questa viene riprodotta in serie grazie alle nuove tecniche, e con una possibilità di fruirne generalizzata, viene meno la sua “aura”, ossia quella sensazione mistica e irripetibile che si genera tra osservatore e opera. Un rapporto privilegiato basato sui concetti di autenticità dell’opera e unicità della sua creazione che ne definiscono anche la fruizione. Come identificare allora le opere di Alessi d’après che hanno una produzione illimitata e sono acquistabili da chiunque? Una diffusione dell’arte sicuramente più democratica, ma anche incline a essere materialista e meno contemplativa.

 

Il secondo aspetto riguarda la figura dell’autore preso in esame. La fantasia e il carattere peculiare di Salvador Dalí lo hanno portato a essere uno dei più influenti e controversi artisti del ‘900. Spesso in contrasto con i colleghi surrealisti, Dalí ha sempre sottolineato la sua passione per la ricchezza, raggiunta nel corso della vita mettendo in vendita ogni espressione del suo genio. Non deve stupire quindi se il suo lavoro risulta spesso finalizzato ad arricchirlo. Pittore, scenografo, fotografo, stilista, scultore e anche designer, quando nel 1973 Alessi gli commissiona un’opera per la collezione Alessi d’après, Dalì accetta di buon grado.

ph. Alessandro Milani

Conformemente alla sua produzione surrealista, l’artista mette insieme più elementi in modo bizzarro per un risultato concettualmente sfuggente: due mollette da bucato tengono uniti i due lembi di un foglio d’acciaio piegato su sé stesso, nella stretta si trova anche un pettine – che non è un semplice pettine, essendo dorato e con saldati ai suoi denti degli ami usati per la pesca dei salmoni. La forma degli ami richiama i celebri baffi dell’artista, e la dimensione varia a seconda di quella dei denti del pettine. L’opera viene battezzata con un nome particolarmente azzeccato: “Obget inutile, vase, sur un problème de topologie négative”, più comunemente nota come “Oggetto inutile”. Nonostante la caratura del personaggio coinvolto, il progetto non convince l’azienda e l’opera non viene messa in produzione. Va comunque sottolineato che è il progetto stesso Alessi d’après ad avere vita breve, a differenza di quanto avviene con le collaborazioni con altri importanti designer, che si allargano a Alessandro Mendini, Aldo Rossi e Philippe Starck.

ph. Alessandro Milani

Il tempo però ha dato ragione a Dalí. Lo scorso anno Alessi ha ripresentato il suo progetto al Salone del mobile di Milano e ha deciso di metterlo in produzione. L’oggetto inutile è ora acquistabile, seppur con una produzione questa volta limitata – massimo 99 pezzi – e in versione preziosa: argento per il corpo ricurvo, ottone dorato per il pettine e acciaio con finiture oro per gli ami saldati ad esso. All’apice l’abbraccio di una sola molletta in legno d’ulivo.


La provocazione e l’estro dissacrante di Salvador Dalí hanno colpito così non solo il concetto di arte, esautorata della sua aura a causa della riproducibilità e dell’accesso generalizzato, ma hanno stravolto anche il mondo del design, dove la funzionalità è elemento imprescindibile. Quasi sicuramente pensato da Dalì per scioccare il pubblico e fargli guadagnare denaro, l’Obget inutile potrà non avere l’essenza di un’opera d’arte nella sua concezione più canonica e al massimo proporsi come affascinante complemento d’arredo, ma è sicuramente la perfetta sintesi della personalità e del genio del suo autore. Che 99 fortunati potranno mettersi in casa al modico costo di seimila euro. 

di Niccolò Sandroni