
REDEFINING MENSWEAR
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Let men wear skirts
GIUGNO 2024 - MATERIE

“It’s a new era in fashion, there are no rules.”
Alexander McQueen
In principio furono i dandy: esteti, cultori del bello secondo il movimento dell’ “Art for Art Sake”. Uomini eccentrici ed enigmatici, ma anche rivoluzionari che aprirono la strada al vestire moderno.
Per fare un nome su tutti, Oscar Wilde, che fu arbitro d’eleganza nella Londra vittoriana, contribuendo alla messa al bando calzamaglie e cappelli tricorno, parrucche boccolute e impomatate.
Al loro posto, eleganza affettata e femminea, raffinatezza di gusto, abbigliamento curato in maniera estrema che comprendeva giacche blu con bottoni in ottone, panciotti, pantaloni alla lunghezza del ginocchio, fazzoletto da collo e cravatte bianche di mussola.
A farne il ritratto fu proprio Wilde con il suo Dorian Gray, una dichiarazione estetica che racchiude profumi, atteggiamenti e arredi che arrivano da lontano, con un’accentuata tendenza al decadentismo e al romanticismo tra orientalismo e dettagli esotici: “Lo studio era invaso dal ricco odore delle rose, e quando il leggero fiato estivo muoveva fra gli alberi del giardino, vi entrava per la porta spalancata il grave sentore dei lilla, o il profumo più delicato delle églantines. Dall’angolo del divano di cuscini di Persia, sul quale Lord Enrico Wotton era disteso, fumando, come era solito, innumerevoli sigarette, egli poteva cogliere con l’occhio lo scintillio dei fiori, molli e coloriti come il miele, d’un orno, i cui rami tremoli sembravano poter appena reggere il carico di una bellezza così flammea; e le fantastiche ombre di uccelli in volo, che ad ora ad ora fuggivano attraverso le lunghe cortine di seta indiana, tese davanti all’ampia finestra, suscitandovi quasi una fuggevole visione giapponese, lo facevano pensare a quei pallidi pittori di Tokyo dalla faccia di giada, che, usando di un’arte necessariamente immobile, cercano di trasmettere il senso della velocità e del moto”.
Ma al di là di Wilde e del suo Dorian Gray, nel corso dei primi del ‘900 la moda maschile ha saputo regalarci molti stili innovativi capaci di riflettere epoche e rivoluzioni storiche.


Cosa significa però oggi vestirsi, per un uomo? Nel 2015, Alessandro Michele mandò in passerella un esercito di uomini flessuosi drappeggiati in bluse con il fiocco, top fatti di pizzo vintage e camicie con collo smerlato come vere lady londinesi, di genere fluido e mutevole. Così l’abbigliamento maschile è diventato uno spazio completamente aperto, colmo di creatività e pensiero progressista.
Dopo di lui sono stati gli inglesissimi Stefan Cooke e Jake Burt ad adottare in toto il genderfluid, considerando la necessità di un concetto di moda in grado di programmare un futuro che puntasse al code-blurring, ovvero, al mix di codici. Dal 2017 si sono fatti un nome con collezioni spudoratamente senza genere costruite con una speciale attenzione a tessuti ingegnosi e d’avanguardia in grado di sovvertire i classici, tra contrasti e attenzione ai dettagli. Il metodo? Procurarsi capi classici dai mercatini dell’usato e reinterpretarli. In passerella sfilano maglie tricot rifinite con sezioni come origami, cappotti scozzesi e bomber con gonne a pieghe, scarpe da barca con la zeppa dall’appeal senza genere.
E poi ancora Luca Magliano, classe 1987, che gioca in casa e reinterpreta il concetto di virilità italiana attraverso capi di abbigliamento che mettono in discussione ciò che significa essere classicamente maschile. Si contraddistingue per un immaginario incentrato sui concetti di provincia, artigianalità e pluralità. Qui la tradizione sartoriale italiana viene reinterpretata attraverso un personalissimo punto di vista determinato dalla consapevolezza della storia e della cultura della sua città, Bologna, che dà vita a un «realismo magico», tra abiti sapientemente destrutturati, casting inclusivi e immaginari radicati nei ricordi degli italiani. «Per me la mascolinità è un linguaggio stereotipico, un sistema di giustificazioni. Quando mi sono reso conto di non poter accedere completamente a quel linguaggio e non riuscendo a interiorizzarlo, ho deciso di usarlo come un travestimento. I miei uomini sono sempre in drag».


Ci spostiamo in Francia con Egonlab, fondato dal duo composto da Florentin Glémarec e Kévin Nompeix nel 2019, che è riuscito ad avere successo malgrado il lancio nel periodo folle del Covid. Creazioni dall’estetica neo-punk che suggeriscono il revival dello stile sartoriale, in cui capi di abbigliamento tradizionali evolvono e vengono attualizzati per allontanarsi dai codici garbati del passato convivono in Egonlab, che ha trovato la sua silhouette emblematica e distintiva: un mix di giacche strutturate, gonne e pantaloni bootcut.
Arrivano dalla Spagna le collezioni di Archie Alled-Martinez, designer di base a Barcellona, che rendono omaggio al motto dei dandy di “vistosamente non vistoso” in cui il concetto di innovazione parte dal taglio, ritornando appunto ai damerini di apertura di questo articolo. L’essenza creativa di Alled-Martinez è nell’armonia degli estremi, e la sua estetica ricorda un ragazzo preppy con un lato leggermente perverso.
Nella vanità delle metropoli, insomma, stiamo assistendo a un ritorno del dandysmo nella sua accezione più moderna e libera, che sembra voler scardinare l’idea dell’uomo macho e tradizionalista. E noi modestamente speriamo che l’evoluzione estetica, di cui il mondo creativo si fa contenitore e motore, non si fermi solo alla superficie del vestire, ma vada di pari passo con una più illuminata, rivoluzionaria visione di alleanza tra i generi in un’ottica di trasformazione e liberazione.
di Francesca Russano
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