SPORT DA MASCHI O COSE DA FEMMINE

E se fosse solo questione di passione? Di come Giorgio Minisini provi a ribaltare gli stereotipi facendo quello che gli riesce meglio: il nuoto artistico

MAGGIO 2024 - TALKS

Giorgio Minisini & Mariangela Perrupato - Credit: Enrico Calderoni/AFLO SPORT/Alamy Live News

“Ok, ci ho provato, non sono riuscito a cambiare il mondo, avanti la prossima sfida. E invece all’ultimo è arrivata questa opportunità.”

Giorgio Minisini

Quando il tema di questo magazine era ancora un barlume di idea, mi è capitata sotto agli occhi la storia di Giorgio Minisini. Una storia lineare, quella di un atleta che eccelle nella sua disciplina. Quale? Ecco l’aspetto interessante: il nuoto artistico, un tempo noto come nuoto sincronizzato e, in base agli stereotipi, da sempre associato al mondo femminile. Giorgio si è trovato, così, a vivere una potenziale situazione “alla Billy Elliott”, ed essendo uno che nella vita è abituato a lavorare per ottenere ciò che vuole, ha trasformato il suo vissuto in una storia emblematica di (giusto) orgoglio, e in un’opportunità di accrescimento per tutti.

Credo che in un mondo in cui tutti possono esprimersi al meglio, allora tutti quanti sono più felici Credo che in un mondo in cui tutti possono esprimersi al meglio, allora tutti quanti sono più felici
Credo che in un mondo in cui tutti possono esprimersi al meglio, allora tutti quanti sono più felici Credo che in un mondo in cui tutti possono esprimersi al meglio, allora tutti quanti sono più felici

«Io sono cresciuto “immerso” nello sport: sia mia madre sia mio padre sono nel nuoto artistico, ma hanno sempre spinto mio fratello e me a provare anche altre discipline. Ho fatto taekwondo, calcio, pallanuoto. C’era un clima che favoriva un approccio curioso a ogni disciplina sportiva, e che mi ha consentito di affrontare con spensieratezza l’avventura del nuoto artistico, in un mondo che non era ancora pronto ad accogliere noi maschi. Quando, nell’estate del 2014, ha iniziato a serpeggiare la notizia che la disciplina si sarebbe aperta anche agli uomini e che avrebbero potuto iniziare a gareggiare a livello internazionale, abbiamo capito che si stava muovendo qualcosa, ma fino alla fine non ci abbiamo creduto. Poi mi chiamò la mia allenatrice dell’epoca dicendomi “È fatta, hanno aperto” e, nel giro di una settimana, mi sono ritrovato a spostarmi da Roma a Savona per creare le coreografie e gli esercizi che avremmo dovuto portare ai campionati del mondo, di lì a meno di un anno. Io stavo lavorando a questo scopo da tantissimo tempo. Da quando avevo sei anni la mia mira era arrivare a questo, ma a 18 anni avevo quasi accettato il fatto di non poterlo fare. Mi dicevo “ok, ci ho provato, non sono riuscito a cambiare il mondo, avanti la prossima sfida” e invece all’ultimo è arrivata questa opportunità.»

Quest’anno le Olimpiadi di Parigi saranno le prime in cui gli uomini potranno gareggiare nel nuoto artistico, e anche se Minisini non sarà presente, l’augurio è piuttosto chiaro: «Per noi, come squadra italiana, queste Olimpiadi sarebbero potute essere storiche. Sarebbe stato importante esserci alla prima. Però si è deciso di puntare su una struttura di esercizi più tradizionali, quindi il mio ruolo non c’era. Mentre gli Stati Uniti gareggeranno con Bill May, un pioniere del movimento per il riconoscimento della componente maschile nel nuoto artistico. Ecco, loro stanno costruendo degli esercizi che possano esaltare la componente mista. Speriamo che questo lavoro faccia da apripista ai prossimi di noi che nel futuro vorranno seguire la sua scia. Mi auguro che May, che attende il giusto riconoscimento del suo ruolo da molto più tempo di me, porti a casa un successo mondiale, con cui aprire la strada ad altri. Anche se l’uguaglianza di genere, nel nostro sport, è ancora lontana: bene l’apertura di Parigi, fondamentale, ma mancano ancora opportunità di esibizione. In generale nel mondo dello sport si sta puntando tanto sulla parità di numero, quindi sull’avere gruppi uguali in tutte le discipline, ma poi non c’è uguaglianza nelle opportunità per gli atleti e le atlete. Bisogna cambiare prospettiva.»

E Minisini è mai stato accusato di essere l’ennesimo uomo che sottrae spazio alle donne? «Sì, tantissime volte. Ed è stata una delle cose più difficili: finché ero bambino erano tutti entusiasti della novità, poi superata una certa età, quando sono diventato bravino, iniziando ad arrivare in finale, molti sollevavano il problema che non fosse giusto che un ragazzo sottraesse spazio alle atlete. Fino al 2015 l’Italia in questa disciplina aveva vinto una sola medaglia, ora siamo a 17: e molti rimarcano questa cosa per sollevare un polverone. Quello che però noi cerchiamo di fare è restituire protagonismo alla disciplina: se il doppio misto ha più spettatori, se i singoli maschili hanno più spazio in tv, è tutta attenzione in più che si riversa sul nuoto artistico. 

Ph: Gottardo
Ph: Gottardo

Il nostro sport è uno degli sport in cui c’è più contrasto tra la fatica che si fa e quello che appare. Quindi l’obiettivo dovrebbe essere quello di cercare di mostrare il più possibile quanto lavoro c’è dietro: cosa significa essere un atleta nazionale, quante ore passiamo in acqua e in che condizioni passiamo le nostre giornate quando siamo fuori dall’acqua. È importante mettere l’accento comunicativo su questi valori, sulla dedizione. Ecco, questo è un obiettivo comune, una responsabilità collettiva. Quindi da questo punto di vista secondo me possiamo lavorare molto meglio, affinché i giornalisti parlino sia degli atleti sia della disciplina.»

Giorgio ha spesso ascoltato i discorsi delle ragazze durante gli allenamenti, ma questo non lo ha aiutato a capirle di più, né lo ha aiutato a trarne delle dritte da spendere con la sua fidanzata. 

Il perché è inaspettatamente (trattandosi di un uomo!) saggio: «Questa è una cosa che ho fatto da ragazzino, e ho scoperto che non è una strategia che funziona, perché in certi contesti si parla in un modo che è un po’ distante dalla realtà. Quindi diciamo che la cosa migliore che ho imparato è stato non applicare pedissequamente ciò che si dice all’interno di un gruppo di ragazze riguardo ai ragazzi.» E alla domanda se ci sia qualcosa che proprio non sopporta degli uomini, che riesce a cogliere grazie a una sensibilità affinata, Minisini ribatte: «Diciamo che tendo ad allontanarmi da contesti particolarmente tossici. Mi piace molto stare con persone che si sentono libere di poter essere se stesse e mi dispiace quando vedo che qualcuno non ha avuto modo di superare tutte quelle aspettative e quei costrutti culturali con cui si cresce, per cui si deve essere uomini “in un certo modo”. Credo che in un mondo in cui tutti possono esprimersi al meglio, allora tutti quanti sono più felici.» 

Alla fine, facendo le somme, ecco i nostri due cent: Giorgio Minisini è la perfetta personificazione della campagna a cui presta il volto, #nonèdamaschio. Perché, citando l’assunto proposto nell’editoriale di apertura di questo numero, “Non ci sono più i maschi di una volta.” E meno male.

di Enrica Murru