"Benvenut* nell’era ibrida, la più recente delle metamorfosi e reincarnazioni dell’Information Age”
Parag e Ayesha Khanna
Cosa c’entra la tecnologia con la fluidità di genere? Apparentemente nulla. Il digitale, però, ha innegabilmente, permesso la prolificazione di forme ibride, a cavallo tra fisico e virtuale. Questo, a livello semantico, è come se fosse il doppio di corpo e identità. Tangibile, materico, il primo, come la realtà fisica, e intangibile, ma esistente, la seconda.
Il virtuale ci da l’illusione di avere il dono dell’ubiquità. Si può essere qui. E, aprendo un’altra finestra, essere altrove. Contemporaneamente. Il digitale ha messo in crisi l’idea di confine. Tra pubblico e privato, tra reale e irreale, tra fisico e virtuale, tra natura e tecnica.
Il digitale ha messo in crisi l'idea di confineIl digitale ha messo in crisi l'idea di confine
Il digitale ha messo in crisi l'idea di confineIl digitale ha messo in crisi l'idea di confine
E così anche i confini “naturali” dei corpi sono sfumati. E l’identità plurima e ibrida, anche grazie alla moda, ha, letteralmente, sconfinato i suoi stessi corpi.
Proviamo a indossare scarpe Marsèll e abiti Cristiano Burani e acquisiamo subito una nuova identità. Citando il filosofo Emanuele Coccia: “è come se attraverso la moda, la nostra psiche più profonda, quella che si nasconde sotto l’io e le identità, trovasse una piattaforma per il gioco, la libertà e l’espressione infinita”.
Margherite fresche e delicate abbracciano il tulle del petto e sciolgono i fianchi, come una promessa di primavera.
Dal rosso rivoluzione al blu, passando per il viola, i colori si ibridano fino a confondersi l'uno nell'altro sul nero delle labbra.
Calze a rete, come tele di ragni, sono le testimonianze materiche di voci plurime, di un web sempre più prolifico e parlante.
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