FORCHETTE E FEMMINISMO?

Le chef nelle cucine stellate

MAGGIO 2024 - TASTE

“Le donne che lavorano con noi contribuiscono a creare una sinergia straordinaria all'interno del gruppo. Questa qualità è percepita anche dai nostri ospiti, che spesso notano e apprezzano la coesione e l'energia positiva del nostro staff.”

Chef Davide Marzullo >

Che il mondo del lavoro in Italia sia permeato da dinamiche patriarcali è cosa risaputa. Sempre più se ne parla sui giornali, ma a farlo sono quasi sempre le donne, che denunciano le falle di un sistema in cui ancora non riescono a integrarsi pienamente. Nel mondo dell’alta cucina, queste difficoltà sono spesso una tangibile realtà quotidiana: per sopravvivere a una mascolinità vecchio stampo, le donne non si truccano, si mascolinizzano e desessualizzano. Non fanno figli per non perdere il posto di lavoro, e si accontentano di posizioni inferiori rispetto alle loro qualifiche.

L’ambiente di lavoro è impregnato di testosterone L’ambiente di lavoro è impregnato di testosterone
L’ambiente di lavoro è impregnato di testosterone L’ambiente di lavoro è impregnato di testosterone

Fortunatamente, sempre più donne decidono, con coraggio, di non cedere a queste dinamiche. Denunciano. Si mettono in proprio. Sono promotrici del cambiamento. Ma cosa ne pensano i colleghi uomini? È giusto che restino estranei al dibattito su una questione che, solo apparentemente, non li riguarda? Lo abbiamo chiesto ad alcuni chef stellati italiani per capire meglio, dal loro punto di vista, quale sia lo stato attuale delle cucine stellate del Bel Paese.

 

Secondo lo Chef Giuseppe Mancino del Piccolo Principe, ristorante due stelle Michelin nella splendida cornice del Grand Hotel Principi di Piemonte di Viareggio, la questione della discriminazione femminile nel mondo dell’alta cucina è sintomo di un problema sistemico, che tocca qualsiasi luogo di lavoro: «Da un punto di vista storico, la nostra è una professione maschile, ma negli ultimi vent’anni c’è stato un grande processo di apertura che, come tutti i processi che riguardano il genere, avanza lento. I problemi sociali ed economici che condizionano la presenza delle donne nel mondo del lavoro sono gli stessi in ogni ambito, non riguardano solo la cucina. Personalmente, ho sempre lavorato con persone, non con uomini o con donne. Quando seleziono un CV lo faccio a prescindere dal sesso. Una tendenza che però ho notato è che su dieci CV di donne che ricevo, otto sono per una posizione da Pastry Chef».

Dato che fa pensare al come le donne vengano educate e percepiscano sé stesse all’interno di un sistema che le porta a pensarsi più docili rispetto ai colleghi. «L’associazione della donna alla pasticceria», racconta Francesco Brutto del ristorante Venissa di Murano (Stella Michelin e Stella Verde Michelin), «è legata a un sistema di mascolinità che da sempre permea le strutture fondanti dell’alta cucina. L’ambiente di lavoro è impregnato di testosterone, di un’etica militarista che parte dal linguaggio: si parla di “brigata”, “servizio”, “partita”». Termini che Brutto, insieme alla Chef Chiara Pavan, sua compagna nel lavoro e nella vita, ha deciso di abolire dalla loro cucina, composta al 50% da donne. «Un linguaggio di questo tipo rinforza una tradizionale visione del maschile, basata sulla forza e la resistenza fisica, e contribuisce a creare una profezia che si autoavvera: se il ruolo dello chef è “maschile”, il datore di lavoro è portato ad assumere uomini, nonostante le donne siano spesso più qualificate. Per una donna che lavora in un team per il 90% maschile è difficile non solo integrarsi, ma anche raggiungere ruoli di comando».

 

Su questo punto è d’accordo anche lo Chef Olivier Piras, che insieme alla compagna, la Chef Alessandra del Favero, è alla guida della cucina de Il Carpaccio, ristorante una stella Michelin all’interno dell’hotel Le Royal Monceau – Raffles Paris. «Facciamo un lavoro praticato principalmente da uomini e sono ancora poche le donne che lavorano nell’alta cucina. Le aziende dovrebbero incentivarne l’assunzione, dando loro la possibilità di assumere posizioni manageriali (anche perché le donne hanno spesso una marcia in più). La Francia offre un ambiente più favorevole in termini di politiche di supporto e di riduzione del divario salariale rispetto all’Italia, ma c’è ancora molto da fare per raggiungere una vera parità di genere».

 

Fortunatamente, le nuove generazioni di chef si stanno attivando in questa direzione. È il caso di Trattoria Contemporanea (Lomazzo, Como), una Stella Michelin, a metà tra ristorante stellato e start-up. Secondo lo chef Andrea Noto, «Negli ultimi otto anni abbiamo assistito a una maggiore sensibilità verso il ruolo delle donne nel settore del fine dining. Una delle principali criticità rimane la conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare. Il nostro settore è noto per i ritmi frenetici e l’impegno costante, che spesso si traduce in giornate lavorative molto lunghe. Ciò rende difficile per molte donne, e anche per molti uomini, trovare il giusto equilibrio tra lavoro e famiglia. Credo che la chiave per affrontare questa sfida sia promuovere un bilanciamento tra vita professionale e personale. In Trattoria favoriamo un’organizzazione di team interscambiabile, che aiuta non solo a gestire le esigenze individuali, ma favorisce anche una cultura aziendale più sana e inclusiva».

 

Anche in merito alla questione del gender pay gap, nota dolente di quasi tutto il sistema lavorativo italiano, Trattoria Contemporanea si dimostra all’avanguardia. «Crediamo che il valore economico riconosciuto a ogni lavoratore debba dipendere esclusivamente dall’impegno, passione e dedizione dimostrati», continua lo Chef Christian Malatacca, «senza alcuna discriminazione di sesso, età o nazionalità. Nel nostro team, non esiste alcun divario retributivo tra uomini e donne a parità di ruolo». Per creare un ambiente lavorativo sano e rispettoso per tutti, le donne sono una necessità, come sostiene lo Chef Davide Marzullo, «Le donne che lavorano con noi contribuiscono a creare una sinergia straordinaria all’interno del gruppo. Questa qualità è percepita anche dai nostri ospiti, che spesso notano e apprezzano la coesione e l’energia positiva del nostro staff».

Speriamo che molti altri chef se ne accorgano.

di Elena Caslini