“SÌ CHEF”.
LA PAROLA ALLE DONNE DI BISTRO

e quel je-ne-sais-quoi tutto al femminile

febbraio 2024 - TASTE

Una finestra sul mondo di Aimo e Nadia

A due passi da Corso Magenta e Santa Marie delle Grazie si trova un bistrot all’italiana che è un gioiello di design e ristorazione fin dalla sua apertura, nel 2018. Gli interni sono stati curati da una professionista del settore, Rossana Orlandi, che ha arricchito lo spazio con le opere d’arte e design d’avanguardia della sua galleria. Ha lasciato il segno sia nel nome del ristorante, bistRO per l’appunto, dove le lettere maiuscole sono un omaggio al suo estro, sia nella scelta degli arredi, grazie anche alla collaborazione con il brand di moda Etro, che per la collezione Home ha disegnato i cuscini e le sedute con i caratteristici paisley e le carte da parati e tessuti di ispirazioni lontane. Non poi così lontano, anzi vicinissimo, e adiacente al bistRO, c’è proprio la Galleria Rossana Orlandi, da cui provengono i pezzi vintage del bistRO, un’estensione dello spazio espositivo, e, infatti, è possibile acquistare ogni pezzo. 

 

Entro nel locale e ad un primo sguardo mi appaiono i colori. Il grande bancone dell’ingresso è praticamente un invito a gustare un drink. Ed è qui che mi accoglie Beatrice Perin, la maître di sala. E, insieme a lei, con un sorriso smagliante, la chef Sabrina Macrì.

Per gli uomini è ancora difficile da accettare il fatto di avere due donne in cucina come superiori e non sottoposte Per gli uomini è ancora difficile da accettare il fatto di avere due donne in cucina come superiori e non sottoposte
Per gli uomini è ancora difficile da accettare il fatto di avere due donne in cucina come superiori e non sottoposte Per gli uomini è ancora difficile da accettare il fatto di avere due donne in cucina come superiori e non sottoposte

Lavorare in un mondo che è ancora fortemente maschile non è facile. Mi dicono che, in generale, per gli uomini è ancora difficile accettare il fatto di avere due donne in cucina come superiori e non sottoposte. La sfida è complessa ma è poi molto più soddisfacente quando si raggiungono obiettivi. Per esempio quando conquisti un cliente inizialmente reticente. Adesso la gente sa che nel bistrò c’è Sabrina in cucina, ma a certi ancora oggi non va tanto giù. “Ringrazi lo chef”, «LA chef. È soddisfacente zittirli così.» mi dice Beatrice, che si è avvicinata al mondo del fine dining dopo una lunga gavetta. Simile il percorso di Sabrina, che ha lavorato con moltissimi chef prima di diventarlo lei stessa, la prima responsabile chef donna di questo bistrò, sin dalla sua apertura.

Chiedo loro come sia essere donne in un settore spesso di dominio maschile. La chiave è indossare i panni delle guerriere. Che non significa essere inscalfibili, ma continuare nonostante tutti i no. E significa anche essere indipendenti. «Combattere, soffrire, sanguinare e nonostante questo essere qui» o anche «aver cavalcato un po’ in silenzio e aver buttato giù tanti rospi. Tanto torna tutto indietro.»

Una bella combo, quella di Beatrice e Sabrina, di opposti che funzionano, accomunate da un’idiosincrasia: l’insofferenza per la figura mitica dello chef maledetto, sull’onda di Pierre White, maschio tatuato che vive notte e giorno in cucina.

Un consiglio per chi è alle prime armi? Sabrina sottolinea la passione, il non mollare mai. Beatrice punta sull’esperienza e sul rapporto con il pubblico: «La cosa più bella è riuscire a cambiare l’umore delle persone che magari vengono qui arrabbiate o con delle brutte vibes. Bisogna essere un po’ psicologi e capire chi hai davanti, costruire una relazione, altrimenti come potrebbero fidarsi quando gli racconti qualcosa? Servire le persone è una sensazione che mi da molta pace. Per me che sono maître il vino non deve mai mancare sulla tavola. Nella nostra cultura il vino c’è sempre stato».

Portate, tovaglie, bicchieri, piatti, stoviglie. Bisogna stare attentissime in cucina, ma anche essere decise, l’equilibrio è un punto cardine. E, soprattutto, mi confessa Beatrice, «il vetro sente i tuoi sentimenti. Se mentre sistemo i calici con la testa sono da un’altra parte, spesso li rompo.» La stessa cosa succede anche in cucina. Quindi il segreto è concentrarsi sul presente, sull’hic et nunc, sul risotto che stiamo mantecando, sulla mise en place che stiamo perfezionando.

 

Quando chiedo di parlarmi del menu, Sabrina si anima, le brillano gli occhi, mi dice che non ama i giri di parole: «Ricerco il gusto nelle cose semplici. Non amo dare i nomi ai piatti. Li lascio parlare. Non amo le polverine e le spume. Oggi si crede che le persone desiderino essere stupite con effetti wow ed elaborati, ma non è così. Basta fare una cosa semplice, e se il cliente lo stupisci così, allora hai vinto. Non c’è niente di segreto: a me piacciono molto le cotture antiche, mi piace cuocere i legumi nel coccio e la stagionalità dei prodotti. In questo periodo per esempio abbiamo la cima di rapa, il cavolfiore, i funghi cardoncelli. La mia passione è lavorare il vegetale, le persone si stanno anche aprendo a questo concetto e lo richiedono. Vorrei che si diffondesse sempre di più la cucina vegetale e che si associasse anche al mio nome. La meraviglia è per me il pensiero di fare una preparazione legata alle radici, al passato e al vissuto personale. In questo senso il cibo ti permette di tornare indietro nel tempo.»

Finita la chiacchierata, risulta chiaro come mai il bistRO sia un’avventura dei sensi. E mentre mi guardo intorno, la vista si sofferma sulla sala, che cambia anche solo se Rossana Orlandi viene a pranzo e sposta un fiore. La perfetta dimostrazione di quel je-ne-sais-quoi tutto al femminile.

di Alessandra Busacca
Fonte IG @aimoenadia
Fonte IG @aimoenadia