UN SEGRETO A MILANO

Una ricetta Marìencò per The Meraviglia

febbraio 2024 - TASTE

In via Ampola c’è una piccola porta, sormontata da un semicerchio in ferro battuto circondato di fiori, una buca delle lettere, una serratura, un citofono. Suoniamo. Varcata la soglia, un mondo di sogni diventa realtà, entriamo in uno spazio vero, fatto di intimità e calore familiare. Ci accoglie Giulia, Giuseppe è già al lavoro. Sta preparando una ricetta per The Meraviglia. 

Lo spazio è un labirinto di stanze magicamente arredate e dai soffitti altissimi. Ogni dettaglio è curato e raffinato nella sua semplicità. 

C’è una cabina armadio ricca di porta abiti bianchi, ognuno con una targhetta scritta a mano a identificare ogni tovaglia, come fosse una collezione sartoriale. Ci sono diverse sale con tavolate lunghe e sedute accoglienti, scaffalature che esibiscono ordinatamente le collezioni per la tavola; una stanza raccoglie decine e decine di cestini di vimini di ogni forma. 

C’è un cortile interno, dove batte sempre il sole, e dove crescono fragoline di bosco ed erbe aromatiche. È il laboratorio segreto di Marìencò, luogo per eventi privato e spazio creativo esclusivo, dove Giulia e Giuseppe, figli dei founder Marinella e Lele hanno scelto di incontrarci per un’intervista a tutto tondo sul loro lavoro.

Il miglior modo per imparare è vedere qualcuno all’opera e osservare ogni dettaglio Il miglior modo per imparare è vedere qualcuno all’opera e osservare ogni dettaglio
Il miglior modo per imparare è vedere qualcuno all’opera e osservare ogni dettaglio Il miglior modo per imparare è vedere qualcuno all’opera e osservare ogni dettaglio

Se andiamo alle origini di Marìencò non possiamo non parlare di Mamma Marinella che iniziò la sua attività di cucina prendendo in gestione una trattoria di cucina ligure a Milano. Si chiamava “Al Genovese” ed era un locale storico, famoso per la sua cucina genuina, che potremmo definire “di casa”. Successivamente, la trattoria si trasforma in un progetto di alta ristorazione, riconosciuto nel mondo gastronomico per la qualità dei suoi piatti e per il modo unico di prepararli, ottenendo una stella Michelin. Oggi, l’ospitalità di Marìencò consiste principalmente nella cucina, nell’ideazione della scenografia della tavola, nella progettazione/costruzione di eventi e dell’allestimento dei fiori. Sono stati i clienti stessi a suggerire l’evoluzione in questo senso dell’attività, dichiara Giulia. Capitava per esempio che alcuni clienti dicessero: “Si sposa mia figlia e mi piacerebbe avere i vostri piatti”, piuttosto che “Voglio fare un battesimo con un vostro rinfresco…”

 

Dunque una volta chiuso il ristorante Giulia e Giuseppe hanno incentrato tutta l’attività su questa idea, inizialmente prendendo un piccolo laboratorio in San Gottardo, e poi questo edificio in Via Ampola nel 2007, a due passi da Fondazione Prada. Un’esigenza di spazio perchè la collezione di piatti, vasi, bicchieri, tovaglie di Marìencò è davvero notevole. E la cosa divertente è che non ci sono stati interventi di architetti per farlo diventare uno spazio eventi, ma è stato mantenuto com’era. Piaceva proprio questo aspetto “non finito”, di grande fascino. Lo scouting dell’arredo è iniziato a Parigi, in fiere europee d’arredo, come Maison & Objet a Parigi, i mercatini dell’usato, vintage shop di nicchia. Oltre a questo, la famiglia Marìencò ha la fortuna di avere molti amici di famiglia architetti e designer con pezzi speciali (Rina Menardi per citarne qualcuno). Le persone sono fondamentali per alimentare un’idea.

Fonte IG @mariencomilano

Parliamo ora di cucina con Giuseppe, giovane chef di famiglia su cui si regge un impero gastronomico fatto di ingredienti ricercati e ricette gustose. « Sono autodidatta, ma il miglior modo per imparare è vedere qualcuno all’opera e osservare ogni dettaglio. I piatti che preparo io oggi, in un certo senso, assomigliano a quelli che vedevo fare da Mamma al ristorante, e sono una persona che osservo molto. Magari le tecniche di preparazione che utilizzo io sono tecniche più moderne, che comunque ho studiato molto, ma le ricette sono le stesse. Per quanto riguarda il Table Setting non sono solo io a concepire l’idea, ma c’è un dialogo continuo. Lo stile che adottiamo non è elegante nel senso di “pomposo” alla vecchia maniera, ma guarda alla modernità e alla semplicità. Abbiamo un nostro modo di vedere la tavola.» E Giulia aggiunge: «È vero che facciamo un lavoro su misura, ma comunque la nostra offerta è filtrata dal nostro occhio estetico, anche se in generale cerchiamo di andare incontro al cliente per ogni sua esigenza e lo rendiamo partecipe. Non è un’imposizione del nostro gusto, abbiamo uno stile che ci viene riconosciuto, che è poi anche la nostra forza. » Se dovessero definirlo non si trova un’idea univoca, non è prettamente nordico o francese, ma nemmeno classico. Semplice decoroso, artigianale e senza fronzoli.

Giulia si occupa di comunicazione ma anche del lato commerciale e cura il rapporto con il cliente, dallo sviluppo fino all’organizzazione dell’evento. In cucina con lo chef  arrivano fino a una decina.

Giuseppe ha scelto di preparare una ricetta in chiave The Meraviglia e l’ha intitolata: Zucca Magnolia e Aragosta. Mi spiega che esistono inevitabilmente delle connessioni tra gusti. Tutti sanno che il basilico sta bene con il pomodoro, i crostacei stanno bene con i fiori e con le rose. E se le rose a marzo non ci sono si cambiano fiori. Poco prima della primavera sbocciano le magnolie, che hanno un gusto che ricorda a metà la rosa e lo zenzero (quando è messa in salamoia) e quindi Giuseppe per la ricetta The Meraviglia ha scelto di usare la magnolia, perché la costruzione del piatto è partita dall’idea di usare dei fiori in conserva. 

Foto di Francesco De Marco ©
Foto di Francesco De Marco ©

«I petali di magnolia che ho messo in salamoia li ho poi adagiati sull’aragosta come fosse zenzero, di cui prendono il sapore, e sono serviti a dare quella nota di piccantezza e sapidità in più al piatto. Da qui ho poi pensato alla palette colori e ho aggiunto gli elementi di contorno in sintonia con il crostaceo, come il brodo di Dashi, creato prendendo le alghe, messe in acqua fredda una notte, disidratate due giorni. Una volta eliminata tutta l’acqua, quello che rimane è l’essenza dell’alga. Questo sale di alga viene utilizzato all’interno di un burro maneggiato, ottimo per addensare le salse, insieme a tanti altri ingredienti nascosti che utilizziamo come il pane di miso… questi ingredienti a mio modo di vedere stanno molto bene con la magnolia, così come il rabarbaro. Con questo ingrediente ho creato un velo di rabarbaro fermentato su cui adagiare l’aragosta nel piatto. Il tutto rifinito con gocce di olio di zucca. Ed eccoci qua con Zucca, Magnolia e Aragosta. È un piatto a cui stavo lavorando da un pò. »

Un risultato davvero unico, il piatto è invitante, colorato e primaverile. A cui poi va aggiunta la scelta della ceramica giusta. In base alla stagionalità esistono servizi diversi, a seconda del periodo vengono proposti piatti ad hoc, a Natale ci sono i colori sull’oro, in primavera  qualcosa di più colorato. La mise en place dà valore aggiunto anche al piatto, arricchisce la composizione di un tutto.

Giuseppe si ricorda ancora una delle prime esperienze in cucina come chef. Si cucinava per un centinaio di persone in campagna. Lì ha sentito la responsabilità e il brivido della prima volta. Indimenticabile. L’aspetto migliore del lavoro, secondo Giulia, è guardare dall’esterno il risultato raggiunto. Ricorda una cena organizzata in collaborazione con due interior designer che hanno creato sedie, tovaglie e tovaglioli, tutti di jeans…all’inizio era perplessità poi però aggiungendo gli argenti del nonno l’effetto “Meraviglia” è stato immediato.

Fonte IG @mariencomilano
Fonte IG @mariencomilano

Da Marìencò c’è anche uno splendido giardino di fragole e piante, che forse presto avrà un fine diverso, magari di zona di fiori liberi ed erbe aromatiche. La chiave di ogni riuscita è senza dubbio anche la relazione con i fornitori. Giuseppe insiste molto su questo tema: « per la ricerca dei fornitori locali, piccoli e autonomi, ogni volta è diverso ed è un’avventura.

«Pensando alla cucina, un piatto che mi meraviglia è sicuramente qualcosa che ha un elemento “diverso” dagli altri, ma che non cerca a tutti i costi di essere diverso per forza. Può essere anche una cosa fatta cento volte in cucina, ma realizzata in una maniera più profonda, non è un effetto wow. Un aspetto che può sembrare banale, invece poi è significativo. Per me è frutto di talento e conoscenza. Non penso venga fuori dal nulla, da un guizzo di genialità e basta. La meraviglia è qualcosa che si costruisce, non è i fuochi d’artificio. »

Per Giulia, invece, la Meraviglia è la dedizione «quella sensazione finale nell’ammirare il risultato del tuo lavoro e mi fa dire: “l’abbiamo pensata bene”.»

Giulia e Giuseppe sono attenti ad ogni domanda ma non vogliono svelare troppo. Preferiscono che si creino relazioni vere. Il luogo è privato, non è pubblico, significa che qualcuno per entrare deve svelarsi, mostrarsi, e deve essere anche in sintonia con un modo genuino di assorbire le idee. Non resta quindi che organizzare una visita in Via Ampola per scoprire con i vostri occhi le sue meraviglie nascoste.

di Alessandra Busacca