CERCASI DISPERATAMENTE AUTENTICITÀ

Il risorgimento dei bar di quartiere, delle vinerie e dei banconi

OTTOBRE 2024 - SGUARDI

La Matriciana - ph. Gabriel Alejandro

Mi domando spesso che cosa ne sarà delle città sotto quest’ondata di omologazione massiccia, con gli Starbucks che si appropriano degli angoli più caratteristici delle capitali europee, in cui è sempre più difficile trovare un bar storico e dove i brunch hanno preso piede al posto delle formule du midi in Francia. 

Mi chiedo, quale sarà la vera ricerca di novità che sta alla base del viaggiare? Mi vengono in mente i pub inglesi a Bali, le distese di ristoranti-mangiatoia in certe isole della Grecia, gli hotel mostruosi che con la loro modernità invadente si insidiano tra i paesaggi incantati dei villaggi lungo i laghi. Come si permettono?

“Hard times arouse an instictive desire for authenticity” Coco Chanel
“Hard times arouse an instictive desire for authenticity” Coco Chanel

In mezzo a queste riflessioni post vacanze, e per contrastare la tristezza da rientro, giro a piedi nella mia città e noto da tempo un nuovo fenomeno: la rinascita dei bar di quartiere, delle vinerie e delle gastronomie. Nostalgie d’antan, senza troppi fronzoli, senza noiosissimi menu con QR code da scansionare. Parola d’ordine: autenticità e semplicità. Che si traducono in cordialità e sentirsi a proprio agio.

È la rinascita del bar all’angolo di quartiere, dove il conto non è mai troppo caro e dove si va per incontrarsi (si spera!).

Evito le zone troppo battute e arrivo in Città Studi, il quartiere dove sono nata, rimasto immobile per quasi 40 anni, tra tendoni a righe sbiaditi dal sole e case ricoperte di piastrelline Anni ‘70, qui dove una volta abitava Toto Cotugno. Complice l’arrivo della metropolitana blu che ha dato un nuovo respiro alla zona, scopro Scintilla, indirizzo rilassato e informale con influenze romagnole, il dehor è carico di lucine che mi ricordano i bar newyorkesi a Greenpoint. Mi ha colpito la gentilezza del personale e l’atmosfera un po’ romantica, sembra quasi di non stare a Milano. La colonna sonora? I super classici italiani, da Mina a Lucio Dalla.

Caffè Tevere - ph. Gabriel Alejandro
Caffè Tevere - ph. Gabriel Alejandro

Poco più in là, la Cooperativa La Liberazione in via Lomellina, la storica trattoria che ha visto nascere movimenti sociali come Emergency. Poesie e frasi alle pareti, cimeli nostalgici soviet style, sedie dal sapore retrò, botti all’esterno sulle quali appoggiarsi, il tatuaggio del ragazzo al banco dice “Do you hear me Major Tom”. Insomma, la più pura essenza radical milanese, che pure una volta odiavo e invece ora mi diverte.

 

Proseguo verso zona Dateo e mi siedo Ai Fiori Blu, la vineria di tre amici che si sono messi in proprio. Entro, il pavimento di graniglia originale, l’arredamento di una volta, i piattini invitanti – che includono anche le tartine e la cotoletta in carpione che non trovavo da tempo – e il cortile all’esterno che dà su un palazzo giallo milanese.

 

Silvano a Nolo ha un’estetica semplice e vintage, la chiamano “cucina da scarpetta” e fa l’occhiolino alla Milano di periferia Anni ‘60. Vino e banco, vetrate in ferro battuto che danno sulla strada e lampade d’antiquariato. Qui, quella che in Spagna chiamano la barra, è il cuore del locale. Insieme ai vini naturali, si celebra il ritorno dell’insalata russa, delle verdure al forno, delle lasagne e della parmigiana di melanzane, tutte quelle cose sfiziose da gastronomia della domenica. È ritornato anche il toast!

La Matriciana - ph. Gabriel Alejandro
La Matriciana - ph. Gabriel Alejandro

Il mio viaggio nostalgico continua a Torino. Qui il tempio della piemontesità è rappresentato dal Caffé Emilio Ranzini, che si trova dietro il mercato popolare di Porta Palazzo. Il vinello va a braccetto con la merenda sinoria, il ricco spuntino contadino che si usava fare in tutto il Piemonte prima di cena. Gli arredi sono rimasti uguali da oltre 50 anni, stesso bancone, stessi proprietari. Un back in the days accompagnato da frittatine, giardiniera, uova sode, acciughe al verde, vitello tonnato e vini rossi corposi.

 

Tra i consigli romani trovo l’antica trattoria La Matriciana che, dal 1870, ha avuto l’onore di mettere a tavola artisti e registi noti come Maria Callas, Carla Fracci, Zeffirelli. Insieme a profumi e sapori della tradizione romana, conserva stile, vetrine, struttura, arredi e persino la cabina telefonica degli anni Trenta del Novecento. Tovaglie bianche, antiche affettatrici, arredo in legno scuro, gli antipasti esposti pronti per essere scelti, la pasta golosissima.

Sempre nella Capitale ecco il Caffè Tevere, un po’ il bar sport rivisitato, si canta, si guardano le partite sulle sedie di plastica dell’Algida, si mangiano pizzette e polpette. Il nuovo tempio della Gen Z.

 

Nell’industria artificiosa della perfezione, degli influencer patinati, delle vite che diventano mercato sui social, la richiesta di autenticità è ovunque ed è transgenerazionale. Ci raggomitoliamo nella nostalgia come bozzolo sicuro, ritroviamo conforto nel Cornetto, nel vinello bianco, nelle insegne al neon tipicamente italiane.

Abbiamo ripreso a stampare le foto, a comprare i vinili, a rivalutare le trattorie perché tutto quello che “era” ci risulta più sicuro, più facile, più stabile. Questo ritorno al passato collettivo è un colpo di reni di un’umanità stanca dell’incedere inesorabile della tecnologia o l’ennesimo trend di marketing? Io opto per la prima, ma non chiamateci luddisti.

di Francesca Russano