
LE GRANDI VECCHIE DELLA LETTERATURA: MUNRO, DIDION E LE ALTRE
LE GRANDI VECCHIE DELLA LETTERATURA
Dove si parla della vita segreta degli anziani,
della nostra inesauribile capacità di stupirci e delle delusioni
OTTOBRE 2024 - SGUARDI

“Invecchiare per le donne è un disonore, per gli uomini un atto nobile” diceva la Sontag. Sarà, però vorrei accantonare un secondo Susan perché proprio mentre mi accingevo a scrivere questo pezzo, la riflessione sulle grandi vecchie della letteratura si è intrecciata ad una constatazione personale, e, nel dettaglio, con la vecchiaia di mio padre.
Mio padre rappresenta, per chiunque lo abbia di fronte, tutto fuorché lo stereotipo del vecchio (e non lo dico solo perché è mio padre): molto sportivo, da tre anni passa almeno un mese a fare oltre 30 chilometri al giorno sul cammino di Santiago, perennemente abbronzato, sempre vestito casual, spesso e volentieri col sorriso e pronto alla battuta.
Giorni fa è partito per la Sardegna dove conta di rimanere un breve periodo per sbrigare alcune commissioni e, quando ci siamo sentiti, l’ho trovato un po’ giù. Poi ho scoperto che lo stesso giorno si era commosso per una cosa da nulla e mi sono sentita dire da mia madre “sai noi vecchi ci commuoviamo facilmente”.
Ora, intendiamoci, mio padre ha 74 anni, quindi so bene che, anagraficamente, è vecchio. Ma, di fatto, non lo ha mai dato a vedere, e così io ho avuto gioco facile nell’ignorarlo. Quindi l’affermazione di mia madre mi ha colto di sorpresa. Ed è stato un po’ come quando da bambino scopri per la prima volta che i tuoi genitori non sono supereroi infallibili ma persone comuni propense a sbagliare tanto quanto tutti gli altri. Apriremo un’altra volta la parentesi sulla mia evidente immaturità, ma il punto è un altro. E ora ci arrivo. Come mai questa constatazione su mio padre si è intrecciata col tema di questo articolo?
Ha molto a che vedere con l’orrendo fattaccio che ha coinvolto qualche tempo fa Alice Munro, una delle icone della letteratura mondiale, una che è stata il faro di molte ragazze che sognano un futuro da scrittrici, una per cui il termine intellettuale non è mai sembrato usurpato. È probabile che conosciate la storia, altrimenti eccovi un ripasso. La vicenda ha offerto un ottimo spunto per riaccendere l’annosa polemica su quanto – nel giudicare un’opera – si debba o meno prescindere dal profilo morale dell’artista. E non è certo questo il luogo per schierarsi in una fazione o nell’altra ma, per quanto mi riguarda, questa concatenazione di pensieri mi ha portato a due conclusioni.

La prima: per quanto la vulgata vorrebbe che i vecchi siano saggi, soprattutto quelli che consideriamo per statuto più sapienti degli altri, raramente è così. Sono fallibili come ogni altro essere umano e, anzi, la loro vecchiaia fa sì che si portino dietro molti più scheletri negli armadi. E, secondo, perché continuiamo ad attribuire a certe persone (che siano i nostri genitori, delle vecchie scrittrici o il designer di un brand di moda che ammiriamo) il fastidiosissimo potere di deluderci?
Ed è qui che entra in gioco un altro genere artistico, il teatro. Che, da sempre, ma soprattutto nella sua propaggine più contemporanea, riflette sull’indicibile e sul rimosso della vita quotidiana. Entra in gioco il teatro perché a breve al Romaeuropa Festival arriverà una pièce intitolata La vita segreta degli anziani, firmata da Mohamed El Khatib. E lo vedete anche voi, vero, che qui tutto torna? Perché in scena c’è un gruppo di interpreti tra i 74 e i 102 anni che racconta le proprie storie d’amore sentimentali e carnali. E anche se ancora non l’ho visto, penso che questo spettacolo mi dirà molte cose che non so.
Ma soprattutto mi spiegherà perché non sapevo né mi immaginavo che mio padre si commuovesse facilmente, e perché praticamente nessuno al mondo, prima che la figlia lo raccontasse, immaginava che Alice Munro fosse il tipo di donna che ha dimostrato di essere. E perché in generale i vecchi, che crediamo saggi, arrendevoli, delicati e fragili, in realtà poi sono persone come tutte le altre. E, come tali, fanno sesso, sono cattivi, sono labili. Eppure, sono anche nonni amorevoli, persone sensibili ma al contempo superficiali. Insomma, tutto e il contrario di tutto.
Ora si potrebbe dire, leggendo il titolo di questo articolo e poi il suo contenuto, che io sia andata grandemente fuori tema, e che delle vecchie del titolo si fa appena cenno. Vero! Però se dovessi identificare un solo valido motivo per il quale amo visceralmente la letteratura, e l’arte in generale, potrei dire facilmente che è per la capacità di offrire spunti di riflessione che riverberano in me, mi portano spesso a cambiare idea e risuonano molto più a lungo di qualsiasi altra cosa.
Prendete per esempio questa citazione di un’altra grande vecchia della letteratura, probabilmente per me la più grande di tutte, Joan Didion: “Forse dal momento che nulla in questa situazione incoraggia l’ipotesi narrativa di base, e cioè che il passato è prologo al presente, le opzioni rimangono aperte.”
di Enrica Murru
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