LA GRANDE ONDA DEL COLLECTIBLE
FUORISALONE,
PASSIONE COLLECTIBLE
All'edizione 2024 della Milano Design Week arriva la grande onda del pezzo unico a metà tra design e arte
aprile 2024 - SGUARDI
“Quello che chiamiamo collectible design è essenzialmente un mondo fatto di giovani progettisti che hanno trovato l'occasione di esprimersi in chiave contemporanea, rilanciando formule artigiane antiche: un mondo di produzioni a km 0, dunque sostenibile nel Dna e, per vocazione, basato sulla qualità e sulla fiducia, sul tempo giusto che un'opera richiede per essere realizzata a regola d'arte”
Lionel Jadot
A ciascuno il suo design. Quello che – alla Milano Design Week 2024 ormai alle porte – s’annuncia con un hype in grande crescita, è senza dubbio il design da collezione. Ovvero il mondo speciale che unisce, in una formula inedita, artigianalità contemporanea, tecniche antiche e materiali pregiati: una fusione di progetto, altissima manifattura e prezzi ad (almeno) sei zeri, ingredienti alla base di esemplari unici e irripetibili, creazioni che spingono ai confini con l’arte la funzionalità tipica di sedie, tavoli e di qualsiasi altro oggetto pensato per la casa. E, infatti, una delle tante etichette usate per definire questo universo in continua espansione è functional art.
Sarà impossibile, quest’anno, attraversare i vari distretti in cui per tradizione è suddivisa Milano durante la Design Week, senza imbattersi in una di queste opere sfidanti che allontanano il design dalla serialità industriale e lo avvicinano, piuttosto, al mondo dei collezionisti e delle gallerie, che ogni anno partecipano sempre più numerose al Fuorisalone. È un fenomeno iniziato ormai diversi anni fa, quando gli ultimi giorni di Miart, la più importante fiera italiana dell’arte, anch’essa di scena a Milano, hanno preso a coincidere con le anteprime della Design Week, per poi accentuarsi sulla spinta di un mercato in cui, più che i generi, a fare tendenza sono la disponibilità economica dei grandi collezionisti e le intuizioni di una serie di curatori e di committenti.
«Quello che chiamiamo collectible design è essenzialmente un mondo fatto di giovani progettisti che hanno trovato l’occasione di esprimersi in chiave contemporanea, rilanciando formule artigiane antiche: un mondo di produzioni a km 0, dunque sostenibile nel Dna e, per vocazione, basato sulla qualità e sulla fiducia, sul tempo giusto che un’opera richiede per essere realizzata a regola d’arte».
Parola di Lionel Jadot, architetto belga e fondatore, nel proprio Paese, di Zaventem Ateliers, una sorta di villaggio del collectible composto da trentadue laboratori ospitati in una cartiera dismessa. È sempre di Jadot l’idea di far rivivere a Milano, durante il Fuorisalone, lo spirito di Zaventem, chiamando a raccolta in una location post industriale di periferia non soltanto gli studi che ne fanno parte dal 2019, ma anche realtà affini provenienti da tutta Europa, come per esempio la galleria parigina Thema, considerata un faro nel giro del collectible. Un’occasione su cui stanno puntando anche designer italiani. «Conosciamo il pensiero del fondatore di Thema, Michaël Hadida» spiegano Chiara Pellicano e Edoardo Giammarioli di Millim Studio, solida realtà del collectible internazionale con base a Roma, «condividiamo il suo impegno nel promuovere un design che ridefinisca i codici del lusso e della creatività in linea con un’etica sociale ed ecosostenibile: sono le stesse scelte di valore che vogliamo portare nella nostra ricerca e nel nostro fare design. Per questo, la decisione di collaborare con Thema è stata naturale. A noi interessa creare bellezza, purché porti sempre con sé valore e contenuto».
Anche Alessandra Pasqua, che nel nome del suo atelier Wanderart racchiude un’identità multisfaccettata al confine tra arte e design, sarà nella squadra di Thema, triplicando in questo modo la sua presenza milanese che la vede protagonista due volte nello storico Palazzo Litta: nell’androne d’accesso, con la scultura Bride of Quietness dall’esuberanza proteiforme, pensata come un omaggio al dialogo tra il mortale e il divino, e, al piano nobile, con la collezione Lunar, esempio magistrale di che cosa significhi fare functional art nel 2024: «Lunar è il racconto della forza e del vigore di un processo che prende la forma di arredi da collezione» spiega l’artista: «Il metallo si forgia, si modifica, si fa liquido e infine si forma lasciando impurità, detriti e scorie, componenti endemiche e inattese di una sostanza viva e imprevedibile. Le superfici, epiderma articolato della materia, si ispirano ai processi morfogenetici che modellano gli elementi naturali ed esprimono la vitalità della creazione, della formazione delle terre, degli spostamenti tellurici».
E, a proposito di materia e di materiali, è una vera e propria ricerca alchemica quella con cui si misura Marta Abbott, artista cecoamericana che porta in una rimessa degli anni Cinquanta in zona Darsena – progettata da Marco Zanuso e ora sede del collettore di mostre Design Variations – il progetto Time, Framed. Anche in questo caso siamo in un mondo che vede sfumare i confini tra design e arte, e infatti dietro il calendario fatto di colori naturali su carta traslucida c’è la consulenza creativa di Naessi, lo studio che ha incorniciato ciascun foglio all’interno di supporti in ottone non rifinito contribuendo a dare a quest’opera una funzionalità domestica che la apparenta al design. Sempre che poi sia così importante tirare una linea e distinguere che cosa è progetto e che cosa è arte. In fin dei conti, non è la bellezza (e basta) che dovrebbe salvare il mondo?
di Paolo Casicci
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