MILANO TORNERÀ NEL MIRINO DEL CINEMA?
MILANO TORNERÀ NEL MIRINO DEL CINEMA?
Da diavolo e acqua santa a coppia creativa
marzo 2024 - SGUARDI
“Ogni cosa della vita è utile, la vita alla fine è improvvisazione.”
Mattia Chicco
In una Milano che tintinna di storie nuove e segreti lontani, incontriamo due giovani registi, Michele Rossetti e Mattia Chicco, legati dalla simbiosi delle loro visioni. Ci portano nel loro mondo fatto di improvvisazione, creatività sfrenata e desiderio di lasciare un’impronta indelebile nel panorama cinematografico.
Pur non essendo fratelli, o gemelli, come spesso succede nel mondo del cinema, Michele e Mattia sono partner in crime dalla simbiosi perfetta. Entrambi, infatti, hanno scelto di non seguire scuole di regia, ma di essere autodidatti. E i loro insegnanti più esigenti sono sempre stati il mondo e la vita.
Ci sediamo al Bar Jamaica e facciamo cin-cin, nel cuore pulsante di Brera, a due passi dall’Accademia. Se solo i muri potessero parlare. Qui le storie d’arte si respirano come l’aria: da modelle a fotografi, da Ugo Mulas ad Alfa Castaldi. Tutti, passando da Milano, hanno bevuto un caffè al Jamaica.
Mattia e Michele sono nati a due giorni e quattro anni di distanza. Si sono conosciuti sul set. Entrambi recitavano come attori freelance per una serie che non è mai uscita in cui dovevano interpretare il diavolo e l’acqua santa. “Uno era un eroinomane che giocava con una playstation spenta, l’altro era l’amico.”
Destini comuni, le loro strade si sono incrociate nuovamente, tra lavoro, ritrovi e feste. Milano ti assorbe. “Volevamo creare qualcosa di nostro.” Così quando è arrivata la pandemia, e non si poteva gironzolare per le strade, “Noi giravamo lo stesso”. Giravano pellicole. “In China Town a Milano. Deserta. Le persone pensavano che fossimo dei giornalisti. Ci stavano alla larga.”
Oggi hanno una società, che si chiama Vasta e fa film, e uno studio che presto ospiterà eventi, oltre che produzioni. Ma la loro visione è, “vasta”, abbraccia, include, fagocita ispirazioni, brama. È un progetto itinerante slegato da un luogo fisico. Il loro core business principale, al momento, è la moda, la creazione di fashion film per editoriali e clienti fashion, come Etro o Gianvito Rossi.
Michele sostiene di essere un workaholic col pallino del cinema, ma essendo un artista poliedrico si occupa anche di musica, fumetti e art direction. Essendo cresciuto in una famiglia d’arte, la creatività è di casa. “Con i lego o con il pongo da bambino creavo delle scale, dei set e poi facevo entrare i personaggi in scena”.
Mattia, invece, è la roccia su cui contare. L’ancora di Michele. È uno sperimentatore. La fantasia e l’improvvisazione sono la loro firma. “Ogni cosa della vita è utile, la vita alla fine è improvvisazione.”
“Se dovessi descrivere Michele, che è una persona incredibile, userei una metafora: lui è un palloncino e io sono il peso che lo tiene a terra. È una macchina che va incanalata. È iper stimolante. È questa la sua qualità.” E Michele aggiunge: “Il sogno è lo stesso. Siamo due palloncini”.
Lavorando a Milano ti accorgi che la moda, la musica e il cinema si influenzano a vicenda. Ma Mattia ha un desiderio: “Mi affeziono molto ai luoghi. Perché sono di per sé parlanti e iconici, ma mi piacerebbe molto l’idea di rimettere Milano sulla mappa del cinema, le storie puramente milanesi mi piacciono, anche se usarla per quello per cui è conosciuta ci alletta. Il cinema è nell’aria, è dove lo fai, negli occhi di chi guarda, è dove lo vedi. Quando abbiamo iniziato, il cinema era solo Hollywood, e solo Roma. Adesso si è avvicinato.” – Il consiglio per chi vuole intraprendere questo lavoro è di non perdere la tenacia e la determinazione. Finite e mandate la vostra sceneggiatura, i vostri video. Prima o poi qualcuno li noterà. – “Mandate e basta, finite la sceneggiatura, che da qualche parte finisce.”
Se a Mattia piacciono moltissimo le storie, le sceneggiature, oltre che il video, Michele ha scelto lo storytelling in movimento perché quando pensa ad un’immagine non riesce a non pensarla senza musica, senza anima: “È il solo modo per cercare di immortalare dei ricordi diventandone parte, senza rimanere uno spettatore esterno.”
Nei periodi bui i due registi si sono spessi chiesti il perché del loro fare cinema, della loro arte, e nelle loro risposte è sempre stata presente la volontà di lasciare una traccia del loro passaggio sulla terra, una sorta di diario, di testimonianza, e forse, anche, con un pizzico di egocentrismo, di obelisco.
E a proposito di ricordi e oggetti che restano o non lasciano più traccia, Michele mi racconta un aneddoto, forse suggeritogli dal suo stesso diavolo travestito da cupido: “Una volta ho rubato un bassotto di plastica nero e marroncino con occhi da anime da un tabaccaio. Non avevo mai rubato in tutta la mia vita. L’ho fatto per fare colpo su una ragazza. L’abbiamo preso insieme. Ma quando ci siamo svegliati la mattina non c’era più.”
di Alessandra Busacca
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