Sorvegliare il fuoco

GIUGNO 2025 - TASTE

Image: @happy_aiccident (Instagram)

Nella sua celebre lirica Volevo scrivere una poesia, invece ho fatto una torta, la poeta, scrittrice di racconti e attivista statunitense Grace Paley paragona l’arte della parola a quella della cucina: una torta, scrive, soddisfa chiunque e tutti ne chiederanno un’altra fetta, mentre nessuno chiederà mai una poesia in più. Paley non è l’unica autrice ad aver usato la metafora culinaria per parlare della propria arte e, più nello specifico, della difficoltà di comunicare con l’esterno il proprio mondo interiore. Spesso questa incomunicabilità si manifesta come una ricetta non riuscita, un fallimento in cucina, stanza che per tante molte artiste ha rappresentato un luogo di oppressione, ma anche di espressione creativa.

Grace Paley paragona l’arte della parola a quella della cucina
Grace Paley paragona l’arte della parola a quella della cucina

In tutte le culture le donne si sono sempre occupate di cucinare, dedicandosi soprattutto alle preparazioni che richiedono l’impasto e la cottura lenta sul fuoco. Nel suo studio sulla società cabila confluito nel libro Il dominio maschile, il sociologo Pierre Bourdieu notava come la lievitazione del pane fosse associata all’ingrossamento del ventre della gravidanza e per questo riservata solo alle mani femminili. Il fallimento culinario per eccellenza è proprio la mancata lievitazione, simbolo di imminente sventura e segno che qualcosa si è rotto nell’equilibrio che domina i ruoli tipici di uomini e donne. Ancora oggi, non a caso, sopravvive la credenza popolare che una donna non possa preparare lievitati quando ha le mestruazioni. 

La lunga battaglia delle artiste e intellettuali contro la dimensione domestica, esemplificata dallo strangolamento “per legittima difesa” dell’angelo del focolare da parte di Virginia Woolf, non ha però impedito alla cucina di resistere come simbolo del laboratorio creativo della condizione femminile.

di Jennifer Guerra